Quattro domande per capire l’attentato di Lahore
Chi sono i responsabili? Cosa rende l'attentato di ieri diverso dagli altri? Perché vengono attaccati siti religiosi? Quale sarà la risposta delle autorità pakistane?
Due attentatori suicidi si sono fatti esplodere ieri notte nella zona del più grande tempio Sufi in Pakistan, nella parte est della città di Lahore, uccidendo almeno 41 persone e ferendone più di 175, secondo le cifre ufficiali.
La città di Lahore, capitale della regione del Punjab in cui molti gruppi di fondamentalisti stanno diventando sempre più attivi, era già stata colpita questo mese da un altro attentato simile, rivolto ad una setta minoritaria, che aveva provocato più di 80 morti.
Chris Allbritton, per Reuters, risponde a quattro fondamentali domande sull’attentato di ieri.
1. Chi c’è dietro gli attacchi?
In cima alla lista dei sospetti ci sono alcuni gruppi di attivisti islamici del Punjab che hanno fatto fronte comune con i Talebani nel loro baluardo del nordovest. Questi attivisti, chiamati i Talebani del Punjab, sono pericolosi soprattutto perché costituiscono una minaccia per la stabilità del Punjab, la regione economicamente più importante, e centro di potere del Pakistan.
Il gruppo sunnita Lashkar-e-Jhangvi (LeJ), che è notoriamente legato ad al-Qaeda, e che ha stabilito legami con i Talebani, è uno dei gruppi più conosciuti.
LeJ è emerso come gruppo settario nel 1990 prendendo di mira la minoranza sciita, organizzando attacchi sempre più audaci, ed è sospettato di essere il responsabile dell’attentato al Marriott Hotel di Islamabad del 2008, in cui morirono 55 persone. Gli esperti sostengono che si devono a LeJ anche gli attacchi alla moschea presso i quartieri generali dell’esercito a Rawalpindi dello scorso anno.
2.Perché l’attentato di ieri è diverso dagli altri?
Non è il primo attacco ad un sito religioso in generale, né il primo per un santuario sufi, e non è nemmeno la prima volta che capita a di Lahore. Un mese fa esatto, infatti nella città sono state colpite due moschee di Ahmadi, una setta minoritaria che la maggior parte dei musulmani ritiene eretica (i seguaci di Ahmadi sono musulmani ma non credono che Maometto fosse l’ultimo profeta).
Attacchi simili, poi, avevano già colpito santuari Sufi di minor importanza a Baluchistan, Islamabad, Peshawar e Swat.
È però il fatto che sia stato colpito proprio il Data Gunj Bakhsh, il tempio Sufi più importante e noto del Pakistan, nel Punjab, il cuore del paese, a rendere questo attentato diverso dagli altri. La maggioranza dei Pakistani aderisce alla corrente Sufi dell’Islam. L’attentato al Data Gunj Bakhsh è un attacco diretto all’identità religiosa della maggioranza del paese.
3.Perché attaccano siti religiosi?
Gli attentatori, ipotizzando che siano parte della costellazione di gruppi attivisti e fondamentalisti Sunniti operanti in Pakistan, considerano gli Sciiti, gli Ahmadi ed i Sufi, eretici o apostati che meritano di morire.
In più, spiega Allbritton, le moschee ed i santuari sono comuni luoghi di raduno per i Pakistani, e questo rende i luoghi di culto bersagli facili. Colpire le moschee, poi, manda un messaggio potente ai Pakistani, che sono profondamente religiosi: mostra che non c’è nessun posto davvero sicuro e che il governo e le forze dell’ordine sono incapaci di proteggere la gente, indebolendo la loro già traballante credibilità.
4.Quale sarà la risposta?
Il governo del Punjab ha tardato a riconoscere la crescente minaccia che la presenza del gruppo fondamentalista LeJ costituisce per la zona.
Le rappresaglie in seguito ai due attacchi agli Ahmadi sono state smorzate perchè gli Ahmadi sono un gruppo minoritario considerato poco importante.
Un attentato di queste dimensioni al santuario più importante non può essere ignorato, ed il governo del Pujab, condotto dalla Lega Musulmana del Pakistan Nawaz (PML-N), subirà una pressione notevole in direzione di una risposta.
Le autorità del Punjab dicono che hanno già 4.000 uomini sotto controllo, che devono avvertire la polizia quando lasciano i loro villaggi. Gli esperti, però hanno detto che è stato soltanto un modo di rastrellare i soliti sospetti e non di cercare di tenere sotto controllo i vertici dei gruppi attivisti e fondamentalisti.
Tutto questo potrebbe essere sul punto di cambiare, dice Allbritton, anche se i rischi per il PML-N e le forze di sicurezza sono grandi.
Il PML-N raccoglie sostenitori dallo stesso bacino dei gruppi islamisti e muoversi contro di loro potrebbe determinare la perdita di voti alle future elezioni. Sono paure che le forze governative dovrebbero perdere, però, data la forza dei gruppi attivisti in Punjab ed il livello di sostegno di cui godono nella popolazione della zona.
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