Le ore e ore di religione
La scuola pubblica arranca e fa sacrifici sotto i tagli del governo, scrive Repubblica, ma gli insegnanti di religione aumentano
Se non appartenete alla pur nutrita categoria degli italiani con bambini che vanno a scuola, forse pensate che nella scuola italiana ci sia “l’ora di religione”: ve ne ricordate da quando eravate bambini e sapete che un’originale ingerenza di uno stato estero – il Vaticano – nelle leggi di uno stato poco laico – l’Italia – impone che parte della didattica scolastica e degli investimenti economici statali siano sacrificati in questo senso al compimento di un’ora settimanale di insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche.
È quasi vero, in effetti, salvo un simbolico dettaglio: che le ore di religione sono due e non una per gran parte del corso della scuola dell’obbligo, ovvero tutte le elementari. A scapito di tempi proficui per la formazione su altre materie e l’occupazione in diverse attività, di investimenti su diverse priorità, con oneri maggiorati dalla necessità di tenere a disposizione gli insegnanti per chi si esoneri dall’ora di religione, e in una fascia di apprendimento in cui l’approccio alla conoscenza della religione non può che essere precoce e acritico.
Da tempo si discute dei costi economici di questo impegno, che sono stati stimati per lo Stato in cifre che variano tra i 600 milioni di euro e il doppio di questa cifra. Una quota notevole, soprattutto in tempi di tagli alla scuola pubblica che mettono in discussione il suo ruolo e la sua capacità didattica. Oggi Repubblica segnala che a quanto pare il ridimensionamento di investimenti sulla scuola degli ultimi anni non ha riguardato l’insegnamento della religione cattolica.
Il confronto con un anno fa consegna un quadro della scuola italiana con sacrifici per tutti, dagli alunni disabili ai precari, tranne che per gli insegnanti di Religione.
Spiega l’articolo che dal 2005, quando la nuova legge ha consentito l’immissione in ruolo dei primi 9157 insegnanti di religione
il loro numero è sempre cresciuto, fino alla cifra record (26.326 unità) dell’anno scolastico appena archiviato. I quasi 14 mila prof di ruolo, in leggera flessione rispetto a 12 mesi fa, sono stati abbondantemente compensati dai colleghi precari: 12.446 in tutto.
Sarà interessante analizzare il dato dell’anno prossimo, ora che nuovi consistenti tagli stanno riguardando la scuola pubblica, e verificare se una parte di questi sacrifici economici riguarderà infine anche l’insegnamento della religione o solo le altre attività scolastiche. Ma il dato è già rilevante rispetto a quello che è accaduto nel primo anno di amministrazione Gelmini.
Nel frattempo, la scuola italiana è stata oggetto di tagli senza precedenti. Nel triennio 2009/2012 spariranno 133 mila cattedre per un totale di 8 miliardi di euro. Ma non solo: l’incremento degli alunni disabili (da 175.778 a 181.177 unità) è stato fronteggiato con un taglio netto di oltre 300 cattedre di sostegno. Quasi 37 mila alunni in più sono stati stipati in 4 mila classi in meno. E sono diminuiti persino i plessi scolastici: 92 in meno. È toccato al personale della scuola pagare il prezzo più alto al risanamento dei conti pubblici. In un solo anno gli insegnanti di ruolo sono calati del 4%, senza nessun recupero da parte dei precari che hanno dovuto salutare quasi 14 mila incarichi con relativo stipendio. Per non parlare del personale di segreteria, dei bidelli e dei tecnici di laboratorio: meno 6% in 12 mesi.