L’Irlanda esce dalla recessione ma è ancora nei guai
Il tasso di crescita è diminuito del 7,1% e la disoccupazione ha raggiunto il 13%
A due anni dallo scoppio della bolla speculativa che l’ha piegata in due, l’Irlanda è uscita dalla recessione ma è ancora alle prese con una crisi che dà pochi segnali di miglioramento. Nonostante la politica di tagli del governo, l’economia del paese è ancora in stallo e solo il mercato delle esportazioni fa sperare in una prima ripresa.
Nell’ultimo anno il tasso di crescita è diminuito del 7,1% e la disoccupazione ha raggiunto ll 13% (la disoccupazione di lungo periodo – più di un anno – è raddoppiata ed è ora al 5.3%). Il governo irlandese aveva reagito al collasso del 2008 con una decisa politica di austerity, aumentando le tasse e tagliando gli stipendi dei dipendenti pubblici anche del 20%. Finora è riuscito a recuperare circa 30 miliardi di euro, che sono stati in gran parte utilizzati per ricapitalizzare le banche dissanguate dalla crisi del mercato immobiliare.
Ma secondo quanto scrive il New York Times, la ripresa vera è ancora lontana:
I tagli hanno spaventato la maggior parte dei cittadini irlandesi che hanno iniziato a metter da parte tutti i loro guadagni, senza fare nessun investimento, limitando la possibilità di creare nuovi posti di lavoro e di far ripartire l’economia. E ora, dopo un decennio di boom economico che aveva incoraggiato molti irlandesi all’estero a tornare in patria, il paese rischia un nuovo pericolo: la fuga dei suoi migliori giovani talenti.
I segni della recessione sono evidenti per le strade di Dublino:
Quindici minuti a nord dal centro, a Elm Park, un complesso industriale e residenziale progettato per migliaia di persone è occupato da soli settecento dipendenti della compagnia di assicurazione tedesca Allianz. Nel quartiere di Ballymun, un progetto di sviluppo urbanistico è stato lasciato a metà, lasciando solo scheletri di cemento ricoperti di graffiti. “Benvenuti all’inferno”, dice uno dei più soft.
Il governo sta cercando di capire se demolire le costruzioni abbandondate che ha ereditato dalle banche dopo il crack del mercato immobiliare. “Il punto è che non è facile eliminare un deficit di questo tipo” ha detto il primo ministro irlandese Brian Cowen “quelli che dicono che c’è una strada facile per uscire dalla crisi non vivono nel mondo reale”.
Kenneth S. Rogoff, economista e professore ad Harvard, spiega che la politica scelta dal governo irlandese è l’unica percorribile se si vuole uscire dalla crisi e che anche gli altri stati europei in difficoltà economica dovranno seguire lo stesso esempio.
Secondo il Wall Street Journal un aiuto per la ripresa economica irlandese potrebbe venire dall’indebolimento dell’euro.
Le esportazioni costituiscono più del 50% del prodotto interno lordo dell’Irlanda, più ancora della Germania. In più, mentre la maggior parte delle esportazioni degli altri paesi europei vanno ad altri paesi europei, l’Irlanda vende la maggior parte della sua produzione chimica, tecnologica e alimentare a Stati Uniti e Gran Bretagna. Il che massimizza i benifici dell’indebolimento dell’euro, che ha perso circa il 15% contro il dollaro e l’8% contro la sterlina dall’inizio dell’anno.
Il quadro delle esportazioni è incoraggiante, con una domanda crescente negli Stati Uniti e in Cina. Nel frattempo i prezzi e i salari in Irlanda stanno crollando, incoraggiando le aziende straniere a fare investimenti diretti nel paese.
John Whelan, capo della Irish Exporters Association, ha definito l’indebolimento dell’euro un silver lining (motivo di speranza ndr) che sta aiutando le aziende irlandesi che commerciano con Stati Uniti e Gran Bretagna.
Gli investitori hanno iniziato a tornare in Irlanda, specialmente se paragonato a quello che sta accadendo in altri paesi indebitati dell’Unione Europea. E infatti la borsa irlandese è rimasta stabile quest’anno – al momento segna +0,5% – mentre quella della Grecia e quella della Spagna segnano rispettivamente -34% e -19%.
Oggi il ministro della finanza Brian Lenihan ha annunciato l’uscita ufficiale dalla recessione dell’Irlanda, che nel primo trimestre del 2010 ha registrato una crescita del pil pari al del 2,7%. E il governo ha annunciato che prevede di portare il deficit sotto il 3% del pil entro il 2014. Ma secondo molti analisti si tratta di previsioni troppo ottimiste, che non tengono conto del fatto che la vera ripresa inizierà solo quando anche l’economia domestica – e non solo quella legata al mercato delle esportazioni – ricomincierà a produrre ricchezza.