Un altro G8 inutile
Due giorni fa si è concluso il G8 in Canada. Conclusioni concrete? Praticamente nessuna
Non fosse stato per le gag tra i capi di governo riguardo le partite dei mondiali e gli scontri di Toronto, cosa sarebbe rimasto di questo G8 conclusosi pochi giorni fa in Canada? Poco, quasi niente. Le cronache dei giornali hanno raccontato che sul fronte dell’economia non si è arrivati praticamente da nessuna parte, e si è anzi certificata la spaccatura tra Europa e Stati Uniti: e molti vi hanno visto una vittoria della sobria dottrina tedesca rispetto ai tentativi di Obama di convincere i leader europei a sostenere economicamente la crescita, anche a costo di far salire un po’ il debito. Dall’altro lato, gli Stati Uniti hanno respinto la proposta europea di tassare le banche. Insomma, nulla di fatto. Il vertice ci ha poi consegnato la classica ambiziosa, volenterosa e del tutto non vincolante dichiarazione d’intenti sul cambiamento climatico: riduzione delle emissioni entro il 2050, investimenti sulle energie rinnovabili, riduzione della dipendenza dal petrolio. Provvedimenti concreti: nessuno. E i giornali di mezzo mondo non hanno mancato di farlo notare, come si apprende dalla sequenza di commenti raccolti e tradotti da Presseurop.
Secondo lo spagnolo El Mundo, “a distanza di quattro summit dal G20 di Washington del 2008, dopo migliaia di fallimenti, milioni di posti di lavoro perduti, miliardi di euro sprecati per piani di salvataggio in extremis, ci ritroviamo sempre allo stesso punto”. Punto di vista condiviso dal País, per cui “il risultato del summit non è incoraggiante, perché il necessario coordinamento delle politiche economiche dei venti paesi partecipanti non è stata approvata”.
Le critiche a questo G8 si collegano a quelle che vengono fatte da tempo alla stessa formula del vertice, ormai obsoleta: tiene dentro paesi come l’Italia, dall’influenza ormai piuttosto limitata, e tiene fuori colossi del calibro dell’India, della Cina e del Brasile. Un punto di vista rilanciato da Libération, che allarga la sua critica anche ai vertici più numerosi, come il G20.
“I ‘G’ sono a un punto morto: più che illustrare le vie d’uscita dalla crisi, il G8 di Huntsville e il G20 di Toronto hanno sottolineato le divergenze. L’idea di una tassa bancaria o finanziaria internazionale è stata rinviata alle calende greche e tutti si sono impegnati a ridurre i deficit, ma con modalità distinte per ogni paese”
Della stessa opinione la Frankfurter Allgmeine Zeitung, quotidiano tedesco: il mondo è cambiato, il G8 e lo stesso G20 non servono più.
“Il fatto che alcuni paesi industrializzati siano incapaci di dare ascolto alle ambizioni e alle opinioni dei paesi emergenti è pericoloso per l’avvenire del G20. Se l’interesse del G20 è quello di approvare le idee europee, tanto vale rinunciarvi. E se anche il G20 dovesse diventare un vero forum internazionale, sarebbe irrealistico pensare che le idee europee siano la misura di tutto”
Insomma, l’idea che ci possa essere una sorta di governo economico mondiale e soprattutto l’idea che questo possa prendere decisioni cruciali nel corso di summit come quello di Toronto, beh, non funziona. Così Le Figaro:
“La definizione di una politica economica consensuale per uscire dalla crisi non ha trovato sostegno. Tra una Germania ossessionata dalla riduzione del deficit, gli Stati Uniti preoccupati di non imbrigliare la crescita tramite un’austerity eccessiva e una Francia a metà strada tra le due si cerca invano una linea direttrice comune. Creato all’apice della tempesta finanziaria, il G20 ha dimostrato tutta la propria utilità in tempi di crisi. Ma il summit di Toronto ne ha dimostrato tutti i limiti”