Il ministro del nulla
Ancora nessuna traccia delle deleghe di Brancher: forse bisognerà aspettare il rientro di Berlusconi
Di ministri improbabili l’Italia ne ha avuti diversi: pochi però sono stati protagonisti di vicissitudini travagliate quanto quelle di Aldo Brancher. Chiusa – per ora – la questione del legittimo impedimento, chiusa – si fa per dire – la questione della paternità politica della sua nomina, è ritornato a galla il tema originario: a che serve il ministero di Brancher? Passano i giorni, infatti, e le deleghe non ci sono. Domenica Brancher aveva farfugliato qualcosa a Raitre, dicendo che le deleghe erano scritte sulla Gazzetta Ufficiale. Sulla Gazzetta Ufficiale non c’erano, la prassi è che vengano comunicati con un decreto pochi giorni dopo la nomina. E quel decreto ancora non c’è. Qualcuno sostiene che il decreto tardi ad arrivare per via di un errore nel nome del ministero – d’altra parte sono così tanti che i nomi stanno finendo – mentre secondo altri finché Berlusconi non tornerà dall’estero non ci saranno passi avanti. Scrive così Repubblica, oggi:
Resta però il giallo deleghe, delle quali il neo ministro al Decentramento è ancora sfornito: dopo che gli sono state attribuite dal Consiglio dei ministri (18 giugno) sono rimaste sulla sua scrivania fino a sabato scorso, tempo utilizzato per limarle ed evitare sovrapposizioni di competenze con il ministro alle Regioni, Raffaele Fitto. Ora, raccontano dai suoi uffici, sono tornate a Palazzo Chigi dove attendono di essere definitivamente firmate del premier Berlusconi, che però potrebbe rimanere all’estero fino al 4 luglio. Con lo spettro di un ulteriore allungamento dei tempi per la loro formalizzazione, ovvero la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Come testimonia lo stesso Brancher, che se sabato era pronto a scommettere su un lieto fine entro domani, ora resta sul vago: «La loro pubblicazione non spetta a me, ma alla presidenza del Consiglio e Berlusconi è in Brasile».
E quindi, mentre l’opposizione non molla la presa e si prepara a presentare una mozione di sfiducia, Brancher continua ad agitarsi e dire cose bizzarre. Qualche giorno fa disse che la gente ce l’aveva con lui perché “l’Italia ha perso i mondiali”. Ieri, a chi gli chiedeva conto del suo ministero senza deleghe, rispondeva: “Ho un’intelligenza media, andrei ad accettare una cosa senza contenuti?”. Insomma: fidiamoci di Brancher, che ha un’intelligenza media.
Sul fronte della paternità politica della sua nomina, l’intervista a Calderoli pubblicata ieri dal Corriere della Sera rimette un po’ le cose a posto: Calderoli dice che la sera prima della nomina era a cena con Bossi, Tremonti e lo stesso Brancher, e durante la cena hanno brindato per il neo-ministro: difficile allora sostenere che non ne sapessero nulla. E dato che la vicinanza tra Calderoli e Brancher è nota, specie in relazione ai fatti che hanno portato al processo Antonveneta, oggi Repubblica racconta uno di quegli episodi: il contenuto di un interrogatorio del 15 maggio 2009 da parte dello stesso Calderoli. Fiorani dice di aver versato due tangenti a Calderoli, entrambe per mano di Aldo Brancher. Calderoli nega tutto.
Il primo episodio è avvenuto tra marzo e aprile 2001: una sorta di ricompensa per la presentazione di un candidato gradito alla banca nel collegio di Lodi, una busta consegnata da Donato Patrini, uomo di fiducia di Fiorani, allo stesso Brancher all’autogrill di San Donato Milanese. Patrini ha ammesso il fatto, ma ha più volte ribadito di non aver mai conosciuto il contenuto della busta. Fiorani invece ha rivelato che lì dentro c’erano 200mila euro per Brancher da dividere con Calderoli.
Il secondo episodio viene collocato a Lodi, nell’ufficio di Fiorani, il 31 marzo 2005. Questa volta è Silvano Spinelli, segretario di Fiorani, a preparare la busta. Dentro vi sono altri 200mila euro per sostenere in Parlamento “il partito” del governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Fiorani la consegna sempre a Brancher «il quale – scrive il pm – raggiungeva Calderoli, che si trovava con lui in quel luogo, e divideva con costui la somma in parti uguali».
Riguardo il primo caso, Calderoli dice di conoscere Patrini ma nega di aver ricevuto quei soldi. Nel secondo caso, Calderoli dice di essere stato con Brancher nell’ufficio di Fiorani, a parlare “dell’operazione Antonveneta”, e dice di essere uscito dall’ufficio, a un certo punto.
Ma cosa è successo? Il pm nell´interrogatorio lo incalza, vuole sapere se ha visto passare di mano la busta. «Brancher – chiede Fusco – era rimasto più indietro rispetto agli altri?». Calderoli non ha dubbi: «Io ero davanti di sicuro, anche per il cerimoniale. Quello che è accaduto alle mie spalle non ho potuto vederlo e quindi non posso narrarlo». E taglia corto: «Brancher non mi ha mai dato denaro».
La posizione di Calderoli è stata archiviata. Brancher invece sarà presto rinviato a giudizio: oltre a questi due casi i pm gli contestano altri quattro capi d’imputazione, sempre relativi a tangenti e bustarelle.