Cosa è successo a Toronto
Il più grande arresto di massa della storia del Canada, centinaia di persone bloccate per le strade
Le cronache di eventi come il G8 o il G20 si dividono sempre in due. Da una parte tutto quello che succede dentro il vertice: le decisioni dei capi di governo, le trattative, gli impegni presi per il futuro. Dall’altra tutto quello che succede fuori dal vertice: i no global, le proteste, le violenze, il comportamento della polizia. E se è vero che dentro i vertici della settimana scorsa in Canada – il G8 a Muskaka e il G20 a Toronto – non è successo granché, fuori invece ne sono successe parecchie.
Sabato 26, con l’arrivo dei leader e l’inizio del summit, cominciano anche le proteste: diecimila persone scendono in piazza ad Huntsville. Durante la manifestazione un centinaio di queste distruggono vetrine e automobili: sono i cosiddetti “black bloc”, vestiti di nero e col viso coperto. La polizia canadese inizia a muoversi: qualcuno viene arrestato, rinforzato il controllo sugli ospedali, chiuse le stazioni della metropolitana: viene usato del gas lacrimogeno per disperdere alcuni manifestanti, per la prima volta nella storia della città di Toronto. Alla fine della giornata la polizia dirà di avere arrestato centotrenta persone: tra queste due fotografi, il corrispondente del Guardian e diversi altri giornalisti.
Il grosso succede il giorno dopo, domenica. Innanzitutto viene rivisto al rialzo il numero degli arrestati il giorno prima: non più centotrenta ma quasi cinquecento, molti di questi rilasciati dopo poche ore. La polizia decide poi di cambiare strategia, applicandone una già vista durante il recente G20 di Londra. Alcune strade vengono bloccate. Le persone che si trovano in quelle strade – e che a volte non sono manifestanti, ma semplici passanti – rimangono lì, senza la possibilità di muoversi. Tra Queen Street West e Spadina Avenue restano bloccate diverse centinaia di persone, così, da un momento all’altro: e restano lì tre ore, nonostante nessuna accusa pendesse sul loro conto, nonostante il fortissimo temporale che arriva di lì a poco. Questo il racconto di una ragazza italiana, bloccata con gli altri. Lisan Jutras, giornalista del Globe and Mail e anche lei bloccata, ha raccontato di come tra la folla ci fossero anche persone anziane che aspettavano l’autobus, donne con le buste della spesa: gente che passava di lì e si è ritrovata a stare tre ore sotto la pioggia per poi essere arrestata e rilasciata.
Un casino, anzi, un gran casino: il più grande arresto di massa nella storia del Canada. Ieri un migliaio di persone ha protestato davanti la sede della polizia di Toronto: urlavano contro lo “stato di polizia” mentre in un centro poco distante da lì le forze dell’ordine stavano ancora processando alcuni delle novecento persone arrestate nel corso del weekend. La cifra complessiva dei fermati è sconosciuta, dal momento che molti di questi sono stati rilasciati senza che venisse formalizzata alcuna accusa nei loro confronti.
C’è poi un altro aspetto della questione, ancora più controverso e delicato. Alcune persone sostengono che tra i black bloc ci fossero dei poliziotti sotto copertura, infiltrati. Tesi del genere circolano molto spesso dopo episodi di questo genere, spesso con toni cospirazionisti e senza grandi elementi a loro sostegno. E il Canada è un paese in cui solitamente le forze dell’ordine stanno molto attente con le violazioni dei diritti dei cittadini: per fare un esempio, tutti i poliziotti hanno un numero scritto grande sull’elmetto, così da poter essere identificati se qualcuno li vede – li filma, li fotografa – mentre compiono degli abusi.
C’è però un precedente piuttosto recente che legittima i sospetti. Nel 2007 si scoprì che alcuni manifestanti che protestavano durante un vertice tra Stati Uniti e Canada erano in realtà dei poliziotti infiltrati: tre di loro vennero filmati mentre cercavano di sfondare il blocco della polizia, per essere poi fermati, fatti sdraiare a terra e arrestati. Un video mostrò che indossavano gli stessi stivali dei poliziotti e qualche giorno dopo la polizia del Quebec ammise che i tre erano effettivamente dei poliziotti. Seppure con prove meno evidenti – allora saltarono fuori due video e molte fotografie – anche questa volta alcuni manifestanti sostengono che i black bloc protagonisti delle violenze fossero in realtà poliziotti infiltrati. La chiave, anche questa volta, sarebbero le scarpe: traballa un po’ – stavolta sono semplicemente delle scarpe nere – ma vagli a dire che sono cose che non possono succedere.