Tommaso Debenedetti ha creato un mostro
Il New Yorker ha lanciato un concorso per le migliori false interviste
La prima scintilla è stata un’intervista di Philip Roth al Venerdì di Repubblica, in cui lo scrittore negava di aver detto le parole contro Obama che il giornalista Tommaso Debenedetti gli aveva attribuito in un’intervista pubblicata su Libero.
Da lì in avanti sono stati alcuni blog italiani a portare avanti il “caso Debenedetti”, e poi è subentrata Judith Thurman del New Yorker: prima accorgendosi della sua falsa intervista a Gore Vidal, e poi di seguito di molte altre, da Wilbur Smith a Josè Saramago. La giornalista ha poi continuato a seguire gli sviluppi del caso, culminati nella confessione, se così si può definire, che Debenedetti ha rilasciato in un’intervista al quotidiano spagnolo El Pais.
Ora che la curiosità si è in qualche modo calmata, sembra che il New Yorker, la rivista da sempre promotrice di una cultura giornalistica di qualità, abbia deciso di continuare a sfruttare la storia. Sul suo blog, il critico Ian Crouch ha infatti lanciato un concorso per false interviste, prendendo a modello quelle nate spontaneamente dopo il caso Debenedetti, come l’intervista di Thomas Jones a Italo Calvino e quella di Ted Barrigan a John Cage.
Stiamo cercando lettori che abbiano voglia di sfidare Debenedetti per il titolo di campione della menzogna. Chiunque può fare un’intervista vera, in cui chiedere domande a qualcuno e trascrivere fedelmente le risposte. Che noia. Se cercate una vera sfida, provate invece a inventarvi tutto — lì sta il vero talento. Mandateci le vostre false interviste con uno scrittore famoso (vivo o morto) e la settimana prossima pubblicheremo le migliori.
Siamo indecisi se ribattere che probabilmente ne esistono già molte più di quante sappiamo, o che forse non sono i tempi giusti per la promozione – anche scherzosa – del giornalismo ingannevole come genere sdoganato.