Il bavaglio alle Figi
Pochi lo sanno, ma nella famosa meta turistica vige un regime militare dal 2006
Nel dicembre del 2006, il Commodoro Josaia Voreqe Bainimarama, Comandante delle Forze Militari della Repubblica delle Figi, ha preso il potere con un colpo di stato, rovesciando il governo del premier figiano che lui stesso aveva messo al potere con un altro colpo di stato, sei anni prima.
Un paio di settimane dopo, agli inizi del 2007, Bainimarama ha nominato Ratu Josefa Iloilo presidente delle Figi. Iloilo ha ricambiato il favore poco dopo, dichiarando Bainimarama primo ministro ad interim, e dichiarando il proprio appoggio al controllo militare del paese. Nel 2009, la Corte d’Appello ha indicato come illegale il colpo di stato di Bainimarama, ribaltando così la decisione della Corte Suprema, che lo aveva dichiarato legale. Bainimarama si è dimesso immediatamente, e il presidente è stato incaricato di nominare un nuovo premier. Il giorno dopo, però, Iloilo ha deciso di sospendere la Costituzione delle Figi, nominarsi il nuovo capo di stato della nazione, dichiarare un “nuovo stato legale” e rinominare Bainimarama primo ministro delle Figi.
In seguito a questi evidenti difetti di democrazia, le Figi sono state sia sospese dal Commonwealth delle nazioni, sia espulse dal Forum delle Isole del Pacifico. In questi quattro anni ci sono state diverse inchieste, finite sempre in un nulla di fatto, sul trattamento riservato ai cittadini critici del governo. Due persone sono morte mentre erano sotto custodia, ma le cause sono ancora sconosciute.
Nel tentativo di zittire le fonti di informazione, oggi il regime ha passato un nuovo decreto che, in pratica, proibirà a buona parte dei quotidiani figiani di continuare a lavorare.
Il Fiji Times riporta le parole del procuratore generale Sayed-Khaiyum:
“Sotto il decreto, tutti i direttori e almeno il 90% degli azionisti di qualsiasi organizzazione nell’ambito dei media dovranno essere cittadini figiani residenti alle Figi. Tutte le organizzazioni hanno tre mesi da oggi, […] e voglio rendere esplicito che qualsiasi organizzazione che non riuscisse ad adeguarsi alla nuova disposizione verrà chiusa immediatamente, e sarà perseguibile per legge.”
Ed è probabilmente proprio il Fiji Times — il quotidiano figiano dalla tiratura più alta, vincitore nel 2009 del premio Reuters come miglior sito d’informazione online del Pacifico — l’obiettivo a cui punta il decreto del regime: il suo proprietario è infatti l’australiano Rupert Murdoch, e se il quotidiano non dovesse riuscire in qualche modo a evadere la legge sarebbe quindi costretto a chiudere, o a vendere tutto ad azionisti figiani.
Il Times si è sempre opposto al regime militare: non si riferisce a Bainimarama usando il termine “primo ministro”, non riporta il suo messaggio annuale, e non pubblica le note governative sugli sviluppi economici del paese, concentrandosi invece sui problemi dei figiani e del loro governo.
Come scrive il Wall Street Journal (di proprietà dello stesso Murdoch), negli scorsi mesi diversi giornalisti stranieri sono stati espulsi dal paese o tenuti sotto custodia. Stuff, una rivista neozelandese, spiega inoltre che questo è solo l’ennesimo passo indietro di una legge sull’informazione già restrittiva e, come è stata definita dall’associazione degli editori neozelandese, “dittatoriale”: le autorità avevano infatti già il potere di entrare nelle sedi dei giornali e controllare o sequestrare a piacimento documenti ed equipaggiamenti.