ElBaradei prende coraggio contro Mubarak
Il Premio Nobel partecipa alle manifestazioni per l'uccisione di un giovane attivista e accusa il regime di tortura
di Roberto Roccu
Dopo settimane di silenzio, nelle quali erano emersi i primi malumori all’interno dell’Assemblea Nazionale per il Cambiamento che lo appoggia, Mohamed ElBaradei ha partecipato ieri ad una manifestazione apertamente contro il regime egiziano e contro il trentennale stato di emergenza. Si tratta di una significativa prima volta, che insegna qualcosa sulle intenzioni e sulle strategie di ElBaradei nella sua battaglia per la riforma del sistema politico egiziano.
Il 6 giugno Khaled Said, ventottenne, era stato trascinato con la forza da due poliziotti in borghese al di fuori di un internet caffè di Alessandria, prima di essere picchiato a morte. Stando a buona parte degli attivisti per i diritti umani nel paese, la sua colpa sarebbe stata aver filmato dei poliziotti in flagranza di reato mentre ricevevano dei soldi da uno spacciatore della zona. Il ministero dell’interno ha ovviamente negato fin dal principio l’esistenza del filmato, sostenendo che Said sia morto per soffocamento in seguito all’ingerimento di droghe. Il ritrovamento e la diffusione del peraltro controverso filmato e le immagini delle sue condizioni al momento del decesso – sconsigliate ai deboli di stomaco – hanno dimostrato l’infondatezza della versione ufficiale. A completare questo losco quadro, una nuova autopsia effettuata nei giorni scorsi ha dato ragione e di conseguenza scagionato gli agenti di polizia.
La storia di Khaled è stata al centro della discussione pubblica egiziana nelle ultime settimane, con manifestazioni a cadenza pressoché giornaliera tenutesi ad Alessandria, al Cairo ed in altre città egiziane. Lo stato di emergenza vigente da trent’anni e recentemente rinnovato per altri due è stato attaccato come il principale responsabile di una situazione che garantisce alle forze dell’ordine una sostanziale impunità indipendentemente dalla gravità dei crimini commessi.
La revoca dello stato di emergenza è una delle sette richieste avanzate da ElBaradei all’inizio della sua campagna per la riforma del sistema politico egiziano. Ed è in quest’ottica che si spiega la sua visita ai familiari di Khaled e la sua partecipazione alla marcia che si è tenuta ieri ad Alessandria. Mentre in passato le apparizioni pubbliche di ElBaradei si erano limitate alla promozione della sua campagna, questo è il primo caso in cui il Nobel per la pace ha partecipato ad una manifestazione apertamente contro il regime, ed in particolare contro il ministro dell’interno Habib El-Adly, duro e puro avvezzo a metodi non ortodossi che ieri ElBaradei non ha esitato a definire tortura.
Ormai appare sempre più chiaro che ciò a cui sta puntando ElBaradei nel breve periodo è la costruzione di una “coalition of purpose”, che raccolga quante più prove possibili e quanto più supporto possibile per dimostrare che le richieste di riforma avanzate non possono più essere eluse. A questo scopo, ElBaradei spende la propria credibilità internazionale per gettare luce sui grandi e piccoli misfatti compiuti dal regime, e si propone come un catalizzatore non tanto del consenso, quanto del dissenso nei confronti di un regime che agli occhi di buona parte dei cittadini egiziani ha ampiamente passato il segno.
Le perlopiù tiepide reazioni delle diplomazie occidentali, ed il crescente supporto offerto a Mubarak dai vicini arabi sembrano al momento negare qualsiasi prospettiva di successo alla richieste di riforma. Di buono c’è che la comunità internazionale continua a parlarne, e che gli egiziani sembrano acquisire di giorno in giorno una maggiore consapevolezza dell’insostenibilità della situazione in cui versano. La partita può essere aperta, insomma, e più di quanto potrebbe apparire.