Wikileaks, di cosa ha paura il governo USA
Nel maggio 2009 gli Stati Uniti vennero accusati di aver ucciso 97 civili in un raid aereo a Garani, in Afghanistan
Il Pentagono e il governo degli Stati Uniti hanno sempre più paura di Wikileaks, il sito che mette online, a disposizione di chiunque, documenti riservati e mai resi pubblici. I loro scoop maggiori sono stati:
· Il rapporto sulla corruzione all’interno del governo kenyano;
· Il documento con il protocollo della prigione di Guantanamo;
· Gli sms inviati durante l’Undici Settembre, compresi quelli dei passeggeri dei due aerei;
· Il documento del Pentagono sulla volontà di chiudere lo stesso Wikileaks;
· Il video (nominato “Collateral Murder”) di un attacco dei soldati americani a Baghdad, in Iraq, in cui per errore dell’esercito sono state uccise dodici persone.
Proprio quest’ultimo ha segnato un aumento drastico sia della popolarità di Wikileaks, sia della preoccupazione del governo americano per l’operato del sito: il video ha fatto nascere polemiche e discussioni sul comportamento dell’esercito in guerra, e sulla necessità e i limiti — se mai ce ne debbano essere — della pubblicazione di materiale segreto.
Due settimane fa si è aperto un nuovo capitolo della storia: un analista 22enne dislocato a Baghdad, Bradley Manning, è stato arrestato dal Pentagono con l’accusa di aver passato il video “Collateral Murder” a Wikileaks. Le dinamiche dell’arresto sono ancora in parte misteriose: Manning avrebbe contattato via chat un ex hacker ed ex collaboratore di Wired, Adrian Lamo, e gli avrebbe confessato tutto, più o meno di punto in bianco; la scelta di Lamo sarebbe stata pressoché casuale e i motivi sarebbero da ricercare nella solitudine e nella confusione del ragazzo, come si legge nelle chat (parziali ed modificate) tra i due.
Manning avrebbe detto a Lamo di aver passato altro materiale a Wikileaks oltre al “Collateral Murder”: 260.000 documenti diplomatici riservati e un altro video, girato nel villaggio Garani in Afghanistan, che mostrerebbe una strage di civili da parte dell’esercito americano. A questo punto Lamo, preoccupato per la sicurezza nazionale e la natura dei documenti riservati, avrebbe denunciato l’analista. La vicenda ha risvolti decisamente complessi e misteriosi: Gleen Greenwald su Salon la ricostruisce, raccontando dei rapporti tra Lamo e Poulsen, il giornalista autore dell’articolo in esclusiva di Wired sull’arresto di Manning, e dei punti oscuri sul comportamento dell’analista e dei vari passaggi di informazioni Manning/Lamo/Wired/Pentagono. Greenwald arriva poi a ipotizzare — anche se non lo dice mai chiaramente — che dietro tutto questo ci sia in qualche modo il Pentagono, e per quanto la teoria possa essere azzardata non è del tutto campata in aria: in questi giorni sta succedendo esattamente quello che si augurava il Pentagono. Le parole “Wikileaks” e “minaccia alla sicurezza nazionale” sono associate come mai prima d’ora.
La settimana scorsa, però, Julian Assange — l’ex hacker australiano dietro a Wikileaks, un uomo in continuo movimento, braccato dal Pentagono — ha spostato di nuovo la pressione sul governo americano, annunciando l’imminente pubblicazione del secondo video che Manning avrebbe passato al sito, quello girato a Garani nel maggio del 2009, una delle più catastrofiche operazioni militari americane in Afghanistan. Obama in persona si scusò per un attacco aereo che, secondo la Commissione Indipendente per i Diritti Umani Afghana, uccise 97 civili, tra cui molti bambini. L’esercito americano ha sempre negato che le morti civili fossero così alte, promettendo ai giornalisti di mostrare un video in cui si vedeva chiaramente come l’obiettivo dell’attacco fossero i talebani, e le morti collaterali poche e incidentali.
Il video non è però mai stato mostrato ad alcun giornalista, aumentando così la sensazione che possa ritrarre qualcosa di scomodo per l’esercito americano. Come scrive Wired, il generale David Petraeus ha dichiarato che le motivazioni della mancata visione sarebbero da ritrovare nella possibilità che, se questo cadesse in mani nemiche, potrebbe svelare troppe informazioni sulle azioni militari americane. Ora Wikileaks sta per pubblicarlo.
Ad accrescere ancora di più l’attesa, a suo tempo due ufficiali militari americani dichiararono che il video mostrava chiaramente come “nessuno aveva controllato se nell’edificio ci fossero donne o bambini prima di bombardarlo”. Il Pentagono rispose con la pubblicazione di un rapporto che però, come scrive Wired, ha lasciato comunque molte risposte inevase. Marc Garlasco, un analista militare di Human Rights Watch, spiega ad esempio che la scelte delle armi statunitensi in quell’attacco fu inusuale e non giustificata: vennero usate bombe eccessivamente potenti per l’obiettivo prefissato, e bombe che non esplodono al contatto con la terra ma in aria, frantumandosi con il rischio di colpire più persone.