Stasera mi butto
Il New York Times spiega agli americani la simulazione, abusando di esempi italiani
Ieri sera, a un certo punto, un giocatore della Costa d’Avorio è crollato a terra. Ha fatto una smorfia di dolore, si è portato le mani al volto e si è accasciato agonizzante. In realtà nessuno lo aveva colpito: non era stato falciato, né qualcuno gli aveva sparato dagli spalti. Kaka lo aveva appena toccato con la spalla. È successo che l’arbitro ha ammonito Kaka, che era già stato ammonito e quindi è stato espulso. Il Brasile ha giocato il resto della partita in inferiorità numerica e Kaka dovrà saltare la prossima partita.
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Gli europei sono piuttosto abituati a sceneggiate di questo tipo. Gli americani un po’ meno, e quindi oggi il New York Times dedica un articolo a questo fenomeno, spiegando la simulazione.
Molti di quelli che hanno visto il replay si sono chiesti se la reazione di Keita era l’ennesimo esempio di quella cosa che gli arbitri chiamano “simulazione”. Molto di tutto l’agitarsi, il cadere e il rotolare del calcio è frutto proprio di questo: il tentativo di ingannare l’arbitro. Chi ci riesce viene premiato con un calcio di punizione nel punto del fallo oppure, se il tuffo avviene dentro l’area di rigore, da un calcio di rigore.
Il New York Times spiega che nonostante gli sforzi della FIFA la pratica è ancora molto diffusa, e anzi spesso ne sono protagonisti alcuni dei giocatori più forti e famosi: a volte per cercare di guadagnare un rigore, altre volte per conservare il risultato e concedere ai compagni di rifiatare.
Nella prima partita dei mondiali, il centrocampista tedesco Mesut Özil è capitombolato a terra come se gli gnomi gli avessero legato i lacci delle scarpe. L’innocuo contrasto del difensore non era sembrato abbastanza da farlo cadere a terra, infatti nessun fallo è stato fischiato. Anzi: Özil è stato punito con un cartellino giallo.
Fortunatamente Özil e Keita non hanno condizionato il risultato delle partite, con le loro pantomime. Altre volte, invece, cadute accentuate e recitate sono state decisive. Indovinate quale esempio tirano fuori gli americani, tra tutti quelli disponibili.
Quattro anni fa, agli ottavi di finale, Italia e Australia erano fermi sullo zero a zero. Durante il recupero, l’italiano Fabio Grosso entrò in area di rigore e venne atterrato dal difensore australiano Lucas Neill. L’arbitro fischiò un rigore per l’Italia, il rigore venne trasformato, l’Italia vinse uno a zero e dopo qualche giorno vinse i mondiali. “Quando mi ha toccato, ho accentuato un po’”, ha detto Grosso al magazine Football Plus. “Ho sentito il contatto e mi sono buttato”.
Ci si mette pure Del Piero, come se non bastasse.
“Io sono contrario a ogni tipo di simulazione, penso che non debba fare parte del gioco. Quella di Grosso fu a favore dell’Italia, quindi mi fece felice. Fosse stata contro di noi, mi sarei arrabbiato”. Del Piero e il suo compagno di squadra erano infatti molto arrabbiati quando nel 2002 l’Italia venne eliminata dai mondiali dopo l’espulsione di Totti. Espulsione arrivata a seguito di un cartellino giallo per simulazione.
Fortunatamente poi si ricordano di una delle simulazioni più spettacolari e ridicole della storia dei mondiali di calcio. Siamo nel 2002, la partita è la semifinale tra Brasile e Turchia. Guardate cosa riesce a fare Rivaldo.
L’altra faccia della medaglia è che se un giocatore si guadagna la fama di tuffatore, poi è difficile far cambiare idea agli arbitri. È il caso di Cristiano Ronaldo.
“Gli arbitri dovrebbero proteggere i giocatori più talentuosi, quando subiscono dei falli”, ha detto martedì dopo la gara contro la Costa d’Avorio. “Per me a volte è difficile, perché gli arbitri spesso credono che io mi butti”. Lo credono per una buona ragione. Nei suoi primi anni di carriera, Ronaldo era famoso per essere un tuffatore: era fortissimo sui calci da fermo, e quindi cercava di procurarsene in tutti i modi. Ora che è uno dei calciatori più forti del mondo, i difensori non perdono l’occasione di falciarlo e gli arbitri gli fischiano meno falli di quanti meriterebbe.