Cosa succede in Piemonte
Una lista a sostegno di Cota presentata con diciotto firme false su diciannove
La procura di Torino ha chiuso l’inchiesta per falso ideologico sulla lista “Pensionati per Cota”, presentata in Piemonte alle ultime elezioni regionali, concludendo che diciotto firme false su diciannove erano false: tutte apposte da Michele Giovine, capolista e autore della della diciannovesima firma.
La perizia grafologica, alcuni errori grossolani, l’accertamento sulle persone anziane che hanno disconosciuto firme e candidature e gli interrogatori dei due indagati (che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere) portano infatti la procura a ritenere di avere raccolto in poco più di un mese tutte le prove necessarie. Ora il Tar, che deve decidere il 1° luglio su questo e altri ricorsi, potrebbe chiedere l’acquisizione degli atti dell’inchiesta penale prima di pronunciarsi sull’eventuale annullamento delle elezioni.
Gli autori del ricorso sostengono che infatti se il TAR dovesse riconoscere le irregolarità che lamentano, le elezioni regionali dello scorso marzo dovrebbero essere invalidate. Roberto Cota ha battuto Mercedes Bresso per soli novemila voti: appena un terzo di quelli andati alla lista di Michele Giovine. Sebbene si tratti di una tesi legittima e politicamente fondata, il rischio è che giuridicamente lo sia meno. Il voto per il candidato presidente, infatti, è distinto e separato da quello per le liste a questo collegate: tanto che gli elettori possono attribuire un voto disgiunto, scegliendo di votare un candidato presidente e poi una lista tra quelle che non sostengono il candidato che hanno votato. Dall’altra parte, però, chi vota soltanto la lista vede il suo voto estendersi automaticamente al candidato presidente collegato alla lista. Insomma, il TAR potrebbe dichiarare invalida la posizione della lista dei Pensionati, ma questo non potrebbe implicare automaticamente lo scioglimento della giunta e la necessità di andare a nuove elezioni.
Intanto è interessante osservare la reazione di Mercedes Bresso. L’ex presidente della regione era stata inizialmente promotrice del ricorso – Cota per questo la definì “un caso umano” – ma dopo qualche settimana ritirò la sua firma, chiedendo di fare altrettanto alle altre forze che l’avevano sottoscritto. Il ritiro della firma di Bresso dal ricorso è stata frutto di quella che Bresso stessa chiama una “mediazione” – altri utilizzano termini ben più sprezzanti – che ha visto la presidente uscente premiata con l’incarico di presidente del Comitato europeo delle Regioni. Ieri però Bresso è tornata all’attacco.
“Il contesto delle scorse elezioni regionali si sta delineando chiaramente. Gli accertamenti fatti dai magistrati hanno verificato quanto temevamo: una competizione elettorale falsata – ha commentato Mercedes Bresso – Se i candidati, ad eccezione dello stesso Giovine, erano falsi, vuol dire che la lista era “farlocca” e che gli elettori sono stati ingannati. Siamo di fronte a un livello di spregiudicatezza senza precedenti”. Alle sue dichiarazioni ha replicato Mario Carossa, capogruppo della Lega Nord in Consiglio regionale: “Un patetico delirio di onnipotenza. Si tratta di frasi di una persona che un giorno presenta un ricorso, il giorno dopo lo ritira, brigando per avere un posto in Europa, e poi cerca di appellarvisi di nuovo. Trascura un particolare fondamentale e cioè che i piemontesi si sono espressi chiaramente con il loro voto e hanno scelto una nuova guida per la nostra regione”.