Bologna in cerca di un altro sindaco
Si voterà nel 2011, a destra hanno già scelto, a sinistra sarà una cosa lunga e tormentata
Carlo Lucarelli ha appena definito Bologna una “città senza volto”, che ha perso il suo sogno e il suo sindaco.
L’ultima etichetta nei confronti del capoluogo emiliano supera le frecciate degli opinionisti precedenti: sazia, disperata, in declino, rossa di vergogna, rotta. In effetti, tre sindaci “abbattuti” in undici anni stimolerebero qualsiasi giallista. Sono passati solo alcuni mesi dalle grottesche dimissioni da primo cittadino del professor Flavio Delbono a causa di un sexygate, e Bologna – dove i responsabili del disastro Delbono non hanno fatto alcuna autocritica né si sono messi in discussione – galleggia sotto la guida di un commissario scelto dal ministro dell’Interno per far fronte alla crisi. Annamaria Cancellieri sta facendo onestamente ed efficacemente il suo lavoro di ordinaria amministrazione della città, con due conseguenze. Che molti si godono il momento di sollievo cittadino: qualcuno – sia a destra che a sinistra – aveva cominciato a ipotizzare persino una sua candidatura alle elezioni dell’anno prossimo, ma l’ex prefetto non sembra volersi mettere in tanto guaio. E che una parte degli apparati politico-amministrativi della città, esautorata dai propri poteri (e anche stipendi) sta invece covando una manifesta ostilità nei suoi confronti.
Le elezioni amministrative sono lontane ma i primi posizionamenti sono già partiti. La data più probabile è aprile 2011, una scadenza troppo lontana secondo le associazioni economiche preoccupate per la crisi. Ci sono moltissimi progetti infrastrutturali e urbanistici bloccati a causa dello stallo politico istituzionale. Aumentano le difficoltà e il sistema culturale perde pezzi importanti con la chiusura dello storico Teatro Duse, a causa dei tagli del governo nazionale. Bologna è in effetti “senza volto”: ma è anche una città che non si è ancora abituata a viversi nella normalità di una città di media grandezza – al cui confronto molte altre città italiane hanno problemi maggiori – e ancora pensa ai tempi del modello emiliano e vive se stessa come un’aristocratica in disgrazia commossa dai ricordi.
Ma se la vita della città è meno drammatica di come la vogliono alcuni vittimismi locali, le condizioni del sistema politico che l’ha (quasi) sempre governata sono malandatissime. Il fallimento Delbono è stata una concretizzazione fragorosa della delusione rispetto alle aspettative sul Partito Democratico, che riguarda anche il resto d’Italia. Gli elettori del PD non si aspettavano tanto. E si percepisce l’assenza di una classe dirigente locale (nei partiti e fuori) sufficientemente consapevole e unita attorno a una visione del futuro e sufficientemente indipendente dai diversi poteri cittadini. Il Partito Democratico di Bologna ha appena svolto il proprio congresso, eleggendo con il 76% dei voti il nuovo segretario Raffaele Donini (non inganni l’ampia maggioranza: l’unico rivale, “outsider” privo di qualunque sostegno e che la stampa locale aveva bollato come “solo uno spillo nel fianco di Donini”, ha preso invece un 24% assai significativo). Nel suo intervento di insediamento, Donini ha lanciato le primarie per la scelta del Sindaco e ha detto “sceglie Bologna”, lasciando intendere che non ci saranno caminetti che imporranno un candidato dall’alto (come fu per Cofferati e Delbono, scelti di fatto da un cenacolo romano con la benedizione di Romano Prodi di fronte alla debolezza disarmante della dirigenza locale). Ammesso che Donini tenga duro e faccia rispettare lo statuto del PD, sui nomi tra cui scegliere cominciano i primi precoci movimenti.
Ma volete sapere cosa avviene nel centrodestra, anche? È facile, ci mettiamo due righe. Il candidato a sindaco è già scelto, è l’onorevole Giancarlo Mazzuca, ex direttore del Resto del Carlino. Torniamo al PD.
Il primo a essere stato tirato in ballo è il presidente dell’azienda alimentare Valsoia Lorenzo Sassoli de’ Bianchi, il cui nome era già circolato ai tempi della scelta di Cofferati: aristocratico rappresentante della ricca borghesia bolognese, presidente del museo Mambo, stimato nei consigli d’amministrazione e nella Bologna accademica e culturale ma sconosciuto alla gran parte degli elettori. Al momento, Sassoli ha ricevuto rispettivamente un endorsement esplicito dall’influente Presidente della Fondazione Carisbo Fabio Roversi Monaco e un’entrata a gamba tesa da Antonio Di Pietro, che lo ha definito “una brava persona, ma un candidato già bruciato”. Ma ieri Sassoli ha confermato in un’intervista la sua disponibilità a candidarsi alle primarie se ricevesse richieste convincenti.
Ehi, ieri intanto si è sposato Cofferati, a Genova. Sembra passata una vita
Una prima vera autocandidatura è invece arrivata quattro giorni fa dal professor Gian Mario Anselmi, docente di letteratura, 62 anni, presidente dell’Istituto Gramsci, già in consiglio comunale con i DS e anche lui creditore di diffuse stime negli ambiti intellettuali e in alcuni centri di potere cittadini: «Io sono personalmente pronto a mettermi in gioco. Simile discorso vale per personalità di rilievo del mondo cooperativo, delle Fondazioni, delle professioni, delle componenti “nazional popolari” alla Cevenini verso cui ogni spocchia saccente è sconcertante quanto deplorevole».
E arriviamo quindi a Cevenini, che non si è autocandidato e nessuno glielo ha esplicitamente chiesto. Ma che sia in ballo, lo sanno tutti. Maurizio Cevenini ha 56 anni ed è eletto nelle amministrazioni locali da trenta. Oggi è consigliere regionale (eletto con ventimila preferenze), ma è noto in città come “sindaco dello stadio” per il suo assiduo e appassionato sostegno alle sorti della squadra del Bologna, e come “sindaco dei matrimoni”, per l’impressionante attività di celebratore di nozze (137 solo nel mese di maggio, e va avanti con questi ritmi dal 2006). In entrambi gli ambiti si è guadagnato un consenso e un bacino elettorale estesissimo e che va ben oltre i confini dell’elettorato del PD: per questa ragione la sua spendibilità come sindaco non sfugge a nessuno dotato di senso pratico, anche se si dice che lui abbia maggiori ambizioni nel consiglio regionale.
In questo precoce elenco di potenziali candidati, non sfuggirà, mancano gli endorsement dei maggiori poteri cittadini e la partita sarà ancora lunga. Manca una preferenza del PD locale: la nuova segreteria di Donini è formata in larga parte da trentenni e quarantenni ed è possibile che questa scelta sia maturata proprio per aprire all’opinione crescente che occorra un netto cambio generazionale, di competenze e di stile. Sarà da vedere se si accontenterà di aver messo da subito un argine alle tentazioni di non fare le primarie (che per Delbono comunque si fecero, ricordiamo) o se spingerà verso una candidatura di ricambio generazionale, alla Matteo Renzi, ancora tutta da inventare.
Poi manca la parola dei due uomini più importanti del PD bolognese. Uno è Vasco Errani, governatore dell’Emilia Romagna, così potente da avere appena ottenuto un terzo mandato in quel ruolo in palese contravvenzione della legge che lo vieta (come anche Formigoni in Lombardia). Difficile immaginare che non metta il suo peso sulle spalle di qualcuno, a un certo punto della competizione.
L’altro è forse l’uomo politicamente più potente di Bologna, attraverso la discreta macchina da guerra che lo circonda: il professor Romano Prodi. Che è stato spesso tirato in ballo in questi mesi addirittura per farlo lui, il sindaco di Bologna: e si è chiamato fuori. Ma se c’è chi sostiene che malgrado tutte le sue attività internazionali Prodi resiste con fatica alla tentazione di diventare ufficialmente il capo della sua città a furor di popolo, è vero di certo che i suoi uomini si stanno muovendo (hanno appena riaperto la Fabbrica che costruì il suo ultimo successo elettorale) per preparare la macchina alla bisogna, nel momento in cui ci fosse un candidato da sostenere. E difficile che non ci sia, da qui ad aprile.
Questo lo scenario, da concludere ancora con le ambiziose parole di Carlo Lucarelli, nell’intervista di sabato:
“Pretendo che il nostro sindaco sia Gandhi. Non voglio niente di meno per Bologna”