La propaganda nazista sulle macerie dell’Italia
Le immagini dei monumenti e dei palazzi distrutti in Italia dai bombardamenti alleati erano utilizzati per screditare il nemico
Lo storico tedesco Ralf Peters aveva da poco iniziato un nuovo lavoro presso il Zentralinstitut für Kunstgeschichte (Istituto centrale per la storia dell’arte) di Monaco quando si trovò davanti a un enigma che lo avrebbe tenuto occupato per una decina di anni. In un armadietto dell’Istituto, il ricercatore aveva trovato una scatola piena di vecchie fotografie in bianco e nero senza alcun particolare riferimento, racconta Christoph Gunkel sullo Spiegel.
All’interno della scatola c’erano 600 immagini in bianco e nero non datate. Erano in ordine sparso e non comparivano in nessun inventario. «Nessuno sapeva che cosa ci facessero in quell’armadietto» ricorda Peters. «Non erano in buone condizioni». Le immagini raffiguravano edifici bruciati, monumenti distrutti e palazzi in macerie, tutte scattate in Italia durante la Seconda guerra mondiale. Peters era inizialmente disorientato sulla provenienza delle fotografie: chi le aveva scattate? Quando per la precisione? Ma soprattutto, a che scopo?
Per rispondere a queste domande, lo storico ha dovuto lavorare per anni ricollegando i soggetti ritratti nelle foto con i palazzi corrispondenti in Italia. Un’opera di catalogazione lunga e meticolosa, che ha infine dato i suoi risultati portando a una interessante scoperta: le fotografie erano state realizzate dalla propaganda nazista per mostrare al mondo le devastazioni causate dagli Alleati al patrimonio storico e artistico italiano durante la guerra di liberazione della penisola iniziata nel 1943.
Nel luglio di quell’anno, le forze alleate erano sbarcate in Sicilia e avevano dato l’avvio all’avanzata verso nord per sconfiggere le forze nazifasciste. La caduta del regime di Benito Mussolini e l’ambiguo armistizio dell’8 settembre avevano reso ufficialmente l’esercito tedesco un nemico da contrastare anche per gli italiani.
Dal punto di vista dei comandi tedeschi, la situazione era molto seria. Ma i nazisti a Berlino fecero quella che può essere considerata la scelta più fuori dagli schemi per i loro standard della Seconda guerra mondiale. […] I nazisti decisero di inviare diversi esperti d’arte tedeschi in Italia per rispettare uno degli articoli delle convenzioni di guerra che stabiliva che le forze occupanti dovessero tutelare i tesori storico-artistici delle zone invase.
La squadra di esperti comprendeva anche Ludwig Heydenreich, lo storico dell’arte che pochi anni dopo avrebbe assunto la direzione dello stesso Zentralinstitut für Kunstgeschichte di Monaco. Il team catalogò numerosi edifici principalmente nel nord Italia, dove le forze alleate non erano ancora arrivate, segnalando ai comandi dell’esercito i siti di interesse culturale da preservare e gli edifici da non utilizzare per le installazioni militari temporanee. Ma mentre in Francia un’iniziativa analoga si occupò di documentare e fotografare gli edifici intatti, in Italia l’opera di catalogazione interessò spesso edifici già distrutti dai bombardamenti portati in genere a termine dagli Alleati.
I nazisti decisero così di sfruttare le immagini per dimostrare le devastazioni portate dalle forze alleate nel nostro Paese. Esercito e responsabili della propaganda dipinsero gli Alleati come dei barbari, insensibili all’arte e pronti a farsi pochi scrupoli pur di non arrestare la loro avanzata verso il nord dell’Italia. Del resto, gli americani utilizzavano le stesse armi della propaganda nelle aree bombardate dai tedeschi, affiggendo spesso vistosi cartelli davanti agli edifici in macerie recanti la scritta: «Distrutto dai tedeschi».
In breve tempo il compito del team di storici dell’arte inviato in Italia cambiò notevolmente. La produzione di immagini per dimostrare le devastazioni di palazzi, chiese e monumenti aumentò sensibilmente divenendo l’attività principale e lasciando in secondo piano quella della preservazione. Gli scatti erano spesso realizzati da fotografi della propaganda nazista, che provvedeva poi a realizzare volantini e pieghevoli contenenti le immagini dei palazzi prima e dopo i bombardamenti degli Alleati.
Ma come ci sono finite la fotografie nella misteriosa scatola ritrovata da Peters una decina di anni fa nell’Istituto centrale per la storia dell’arte di Monaco? Secondo lo storico, negli anni della guerra Heydenreich partecipò attivamente alla produzione dei volantini sulle devastazioni dei bombardamenti delle forze alleate. Il celebre storico dell’arte era dunque in possesso di centinaia di fotografie che a guerra finita avrebbe infine depositato presso l’istituto, una volta divenuto direttore.
L’archivio ricostruito è stato oggetto presso l’istituto di un convegno il mese scorso, e le foto sono in mostra fino al 25 giugno.
Una sala del Palazzo dell’Accademia Albertina di Torino prima e dopo i bombardamenti.
Il palazzo delle Corporazioni di Torino prima e dopo i bombardamenti.
La Scala di Milano prima e dopo i bombardamenti.
Il Tempio Malatestiano di Rimini prima e dopo i bombardamenti.
Il Castello Sforzesco di Milano prima e dopo i bombardamenti.
L’Ospedale Maggiore di Milano prima e dopo i bombardamenti.