“Aprite quella porta”
La lettera di Francesca Santolini, estromessa dalla giunta del municipio Roma Centro per far posto a un transfugo dal centrodestra
Una settimana fa avevamo raccontato di quanto accaduto nel municipio I di Roma, quello del centro storico, dove il presidente Orlando Corsetti – soprannominato “il mini sindaco”, per la rilevanza del territorio che amministra – aveva promosso un rimpasto della sua giunta promuovendo una squadra composta per metà da transfughi del centrodestra e per l’altra da suoi diretti fiduciari. Il tutto per salvare l’alleanza con l’UDC, e a spese di chi componeva la giunta nella sua versione precedente. Tra questi c’è Francesca Santolini, ex assessore all’ambiente, che ha scritto questa lettera. Al Partito Democratico.
Caro PD,
in questi giorni una vicenda personale, che per caso è la mia, è diventata oggetto di dibattito sulla rete e tra molti cittadini militanti o simpatizzanti del centrosinistra. Poiché l’ho vissuta dall’interno, ritengo importante dire anche la mia su questa storia, nella speranza che possa servire ad aprire gli occhi sulla degenerazione della politica italiana di cui anche tu, partito di riferimento dell’area progressista, sei parte integrante.
Ti riassumo i fatti. Come sai, il presidente del primo Municipio di Roma ha fatto un rimpasto della giunta: doveva ridistribuire i posti di assessore perché nel PD bisognava rispettare le quote di corrente e perché il gruppo consiliare dell’UDC s’era rafforzato con il passaggio di due consiglieri eletti nel PD. Per accontentare correnti e transfughi non bastavano più due posti di assessore: ne servivano tre. Bisognava far fuori uno dei due assessori provenienti da partiti alleati. Uno era un navigato esponente dell’UDC (ex ds, ex forza italia ed ex udeur) e l’altra ero io, un’ambientalista proveniente dai verdi. La scelta è stata ovvia: da una parte il mio collega, sostenuto dal gruppo dell’UDC costituito artificialmente con i transfughi del PD e del PDL, dall’altra io, che non ho padrini né padroni. E così per non togliere l’assessorato di riferimento di questi furbacchioni, il Presidente del Municipio ha dovuto sacrificare me. Mi dispiace, perché ci avevo messo impegno. Perché sono una trentenne, perché credevo nel pluralismo del centrosinistra, perché credo che la politica locale sia il vero laboratorio del rapporto fra cittadini e istituzioni.
È proprio questo il punto: tu, caro PD, e i tuoi dirigenti, non fate che parlare di rinnovamento, di riforme, di merito, di impegno sul territorio, di apertura alla società civile. Ma poi, a Roma come in mille altre realtà locali, non fai che dare spazio a personaggi che non pensano che a far manovre per ottenere qualche posto e qualche spazio di potere. Mentre i tuoi leader chiacchierano di valori, tu sei in mano alle bande locali che ti tendono agguati, si trasformano passando da un partito all’altro, e se ne fregano letteralmente di costituire giunte in grado di amministrare bene servizi e territori.
Cose che succedono, dirai tu, perché così è la politica. Ma sei sicuro? Davvero credi che la politica non sia altro che questo? E se lo credi, perché ti stupisci se ad ogni elezione centinaia di migliaia di persone che ti votavano smettono di farlo? Perché dovrebbero mettere la croce sul simbolo del PD, se la politica non è altro che equilibrio fra gruppi di potere che, ormai privi completamente di progetti e ideali, non sono altro che bande di compari preoccupati solo di occupare poltrone a tutti i livelli, dal piccolo municipio fino al Parlamento? Se credi davvero questo, caro PD, temo che non ci sia nulla da fare. Che dobbiamo soltanto aspettare la tua scomparsa e vedere cosa prenderà il tuo posto. Ma forse non lo credi davvero. Forse sai, in fondo, che sarebbe necessaria una svolta, che deve passare inevitabilmente dal cambiamento ampio e radicale delle persone che fanno il Partito, in tutte le sedi e a tutti i livelli. E’ un’operazione difficilissima e dolorosissima, ma ormai è l’unica possibilità di salvarti dal declino.
Tu che ti opponi alla xenofobia, che rifiuti la retorica leghista dell’identità etnica, dovresti accogliere con fiducia persone nuove, fresche non solo per l’età, ma perché provengono da culture esterne ai due partiti da cui sei nato. Oggi il ceto politico di sinistra ha una grandissima resistenza ad accettare chi non si è formato al suo interno, e dunque non si è assuefatto alle dinamiche che ti ostini a chiamare “politiche” ma in realtà sono solo cosmetiche. Se qualche faccia nuova compare, di quando in quando, si tratta quasi sempre di persone cooptate sotto la condizione di accettare questa distorsione della politica, specchietti per le allodole. Io non sono così, e credo di averlo dimostrato con il mio lavoro e anche con un libro uscito quest’anno, che si chiama “Passione verde” perché vorrebbe esprimere passione per la politica vera, quella che mira a migliorare la vita della gente. La storia del Primo municipio di Roma dimostra che oggi per quelli come me non c’è posto né dentro né intorno al partito. Dimostra che nei fatti sei un partito “xenofobo”, che rifiuta chi non è omologato. Ma come fai a conservare il ruolo di grande forza di riferimento del centro sinistra se non dimostri il coraggio di chi guarda al nuovo e al diverso come una risorsa indispensabile?
Tutti noi, e anche tu, caro PD, abbiamo bisogno di persone nuove, che rivendichino il diritto di appassionarsi di politica, di vera politica, di potersi occupare di cosa pubblica. Bisogno di persone giovani non solo all’anagrafe: giovani perché diverse dalle vecchie generazioni, contemporanee perché proiettate verso il futuro e non aggrappate alle piccole logiche del presente e del passato.
Chi vede solamente il presente, le scadenze a breve termine, i pochi anni che ha di fronte come spazio di azione temporale dei propri impegni politici, forse è inadeguato a guidare un paese come il nostro di fronte ai grandi processi di cambiamento che deve affrontare.
E allora, caro PD, la mia storia è la storia del tuo declino. Della tua incapacità di offrire un orizzonte a tanti giovani che devono reprimere l’impegno e la passione perché per fare politica occorre far parte di una banda, adeguarsi alle logiche di spartizione, ai bilancini delle quote.
Ma tutti quelli che hanno rinunciato o stanno rinunciando all’impegno sono ancora lì, fuori della tua porta. Non hai pensato che basterebbe aprirla, quella porta, per far entrare tutta l’energia di cui hai bisogno? E non credi che da quella porta rientrerebbero anche i milioni di voti che hai perso negli ultimi anni?
Francesca Santolini