Brancher ha trovato un legittimo impedimento
Adesso che è diventato ministro, Aldo Brancher potrà usufruire del legittimo impedimento
Dietro la nomina di Aldo Brancher a “ministro per l’attuazione del federalismo”, avvenuta ieri, potrebbe esserci qualcosa di più del tentativo di Berlusconi di rinsaldare i rapporti con Umberto Bossi e la Lega. Se ne occupano i giornali di oggi, ricordando il coinvolgimento di Brancher nel caso Antonveneta: il neo ministro è tutt’ora indagato a Milano per ricettazione. E quindi il suo nuovo incarico gli permetterebbe di avvalersi della norma sul legittimo impedimento, e quindi di sottrarsi alle convocazioni dei magistrati. Repubblica ricostruisce la vicenda:
Impegnato ora nel processo Antonveneta, Brancher è riuscito a rinviare le ultime due udienze, il 5 e il 7 giugno scorsi. La ripresa è fissata per il prossimo 26 giugno ma il processo rischia di bloccarsi per 18 mesi. I legali del ministro al Federalismo valuteranno infatti «se eccepire l’impedimento previsto dalla legge con conseguente sospensione del processo».
Fin qui il quadro della situazione. Resta da capire se e quanto abbia pesato la situazione giudiziaria di Brancher nella decisione del governo di affidargli un ministero tutto meno che indispensabile (c’è già un “ministro delle riforme per il federalismo”, Umberto Bossi, e un “ministro per l’attuazione del programma di governo”, Gianfranco Rotondi). Un retroscena di Francesco Bei, sempre su Repubblica, parla di “decisione a tavolino”.
Umberto Bossi, all’inizio, l’aveva immaginata in maniera diversa: «Silvio, devi spostare Galan al posto di Scajola e nominare Brancher all’Agricoltura». Un’ipotesi studiata a tavolino per salvare il “soldato Aldo” dal processo Antonveneta, dove dovrebbe comparire il prossimo 26 giugno, grazie alla legge sul legittimo impedimento. Ottenendo al contempo di neutralizzare l’odiato Galan, spostandolo da una poltrona che il Carroccio ha sempre rivendicato per sé. È stata una vera corsa contro il tempo quella ingaggiata negli ultimi giorni dagli amici leghisti per proteggere quel berlusconiano che, più di Tremonti, sentono davvero come uno di loro.
Berlusconi non si sarebbe piegato a un rimpasto così corposo e avrebbe quindi optato per l’invenzione del nuovo ministero: “una collocazione alternativa che, mettendo al riparo Brancher dai giudici, non creasse turbolenze al governo”. Facendo storcere il naso ai suoi stessi alleati.
Ignazio La Russa, che pure la sera prima era stato due ore in compagnia dello stesso Brancher, di Tremonti, Bossi e Calderoli, ne era totalmente all’oscuro. Come tutti gli altri ministri ex An. Così, quando Gianni Letta ha annunciato che di lì a breve Berlusconi sarebbe salito al Quirinale «per formalizzare questa “cosa” di Brancher», dalla sala si è sollevato un brusio di sorpresa. È stato il finiano Andrea Ronchi, raccogliendo le perplessità dei presenti, a chiedere spiegazioni: «Presidente, vorremmo capire la ragione di questa nomina… in questo momento». Ma Berlusconi, raccontano, ha tagliato corto con un filo di imbarazzo: «Ho deciso di farlo ministro perché è utile che una persona così esperta possa seguire da vicino l’attuazione del federalismo fiscale». Una spiegazione che non ha convinto nessuno, tanto che lo stesso premier, avvicinatosi poco dopo a un capannello di ministri del Pdl, si è sentito in dovere di aggiungere dell’altro: «Questa nomina serve a rafforzare il rapporto con Bossi, che è un amico su cui possiamo sempre contare».
A questo punto lo scenario si fa fantascientifico, e si torna a parlare di elezioni anticipate.
Messo alle strette da Fini, furibondo per il continuo rimpallo del disegno di legge sulle intercettazioni, senza una prospettiva concreta per gli anni restanti della legislatura, il premier ha sondato la disponibilità di Bossi a seguirlo in uno show-down finale. «Dovremmo andare alle elezioni in autunno, i sondaggi sono dalla nostra parte», avrebbe spiegato al leader leghista. Trovandolo però totalmente freddo, fermo nella richiesta di approvare prima tutti decreti sul federalismo fiscale (l’ultimo dei quali è atteso per i primi mesi del 2011). Solo a quel punto – primavera del prossimo anno – la finestra elettorale di Bossi e quella del Cavaliere potrebbero coincidere. A dividere i due alleati da ultimo c’è stata anche la vicenda delle intercettazioni, con Bossi che ha trovato senza difficoltà una sintonia con Gianfranco Fini sulle possibili modifiche al provvedimento. Per questo, viste anche le fibrillazioni delle regioni del Nord sulla manovra, c´era bisogno di un forte segnale del Cavaliere verso la Lega. «Brancher – spiega un alto esponente del Pdl – è l’anello di congiunzione tra Berlusconi e Bossi. Nominarlo ministro ha due significati: dare all’esterno il segno che l’alleanza con la Lega è salda e far capire ai nostri che il federalismo fiscale è un progetto a cui tiene molto anche Berlusconi». A questo punto gli unici che potrebbero sollevare obiezioni sono i finiani, che infatti ieri in privato giudicavano «sconcertante» l’upgrade di Brancher. «Ma la battaglia sulle intercettazioni – è il ragionamento di un deputato vicino al presidente della Camera – è troppo grossa per aggiungere altra carne al fuoco».