Doppio gioco
L'intelligence pakistana "sostiene, addestra e finanzia direttamente i talebani", dice un rapporto diffuso questa mattina
Delle ambiguità e delle zone grigie tra l’esercito pakistano e i talebani si è scritto più volte negli ultimi anni, e ultimamente Fareed Zakaria su Newsweek aveva citato il problema come una delle ragioni per cui il Pakistan è la nazione al mondo che esporta più terroristi: il settanta per cento degli attentati degli ultimi dieci anni può esservi ricondotto.
Un rapporto stilato dalla London School for Economics e diffuso questa mattina si spinge ben oltre la linea dell’ambiguità, sostenendo che l’intelligence pakistana sostiene, addestra e finanzia direttamente i talebani, al punto che un esponente dell’esercito pakistano sarebbe presente a ogni riunione del Quetta shura, il consiglio supremo dei talebani. Insomma, il sostegno ai talebani sarebbe “la politica ufficiale” dell’intelligence pakistana.
L’autore del rapporto è l’analista Matt Waldman. “Questa è una cosa che va molto oltre il sostegno occasionale o limitato. Si tratta della politica ufficiale di questa agenzia, ed è una politica molto estesa: sia a livello operativo che a livello strategico. Il Pakistan sta facendo il doppio gioco a un livello altissimo”. Per “altissimo”, Waldman intende il livello più alto che ci sia: citando una fonte talebana, il rapporto afferma che tra la fine di marzo e l’inizio di aprile lo stesso presidente pakistano Zardari avrebbe incontrato cinquanta importanti esponenti talebani detenuti all’interno di una prigione segreta. Secondo il rapporto avrebbe detto loro:
“Voi siete la nostra gente, noi siamo amici, e quando sarete rilasciati sosterremo certamente le vostre operazioni”
Tre giorni dopo, una dozzina di talebani sono stati rilasciati dal governo pakistano. Il rapporto è basato largamente su fonti anonime: un comandante talebano avrebbe detto che i suoi soldati ricevono 120 dollari al mese dal governo pakistano, mentre altri hanno affermato che l’intelligence copriva i costi per mantenere le loro famiglie. Uno dei talebani intervistati da Waldman si spinge oltre il semplice appoggio passivo, e sostiene che un alto funzionario dell’intelligence lo avrebbe addestrato alla costruzione dei giubbotti da kamikaze e alla preparazione di un’autobomba. I fatti risalirebbero al 2005, nell’instabile regione del Waziristan del sud. Secondo il rapporto, la collaborazione sarebbe praticamente sistematica.
Il rapporto racconta dell’apparente esistenza di “un certo numero di piccole e nascoste basi degli Haqqani nel Waziristan del nord, composte da funzionari o ex funzionari dell’esercito pakistano. Spesso gestiscono anche delle madrasa, riuscendo così a garantire un addestramento completo ai loro membri, che spesso comprendono anche cellule di aspiranti martiri”. Il controverso documento arriva in un momento molto delicato, visto che sia le nazioni occidentali che i partiti del posto si stanno arrovellando e posizionando sull’ipotesi di instaurare dei colloqui di pace con i talebani. Diversi funzionari britannici hanno fiducia nei negoziati; molti americani insistono con l’opzione bellica; il presidente afgano Karzai presiede un governo di fatto diviso in due.
Un sintomo di quanto la situazione sia delicata è arrivato la settimana scorsa, quando il capo dell’intelligene afgana e veterano del governo Karzai, Amrullah Saleh, ha dato le dimissioni dal suo incarico, affermando che era diventato un ostacolo nei confronti del progetto di Karzai di negoziare con i talebani attraverso la mediazione del Pakistan.