Chiedere scusa a Byron Moreno
L'arbitraggio di Italia-Corea del 2002 non fu così scandaloso, scrive il Foglio
A poche ore dall’inizio dei mondiali e tre giorni dalla prima partita dell’Italia, Lanfranco Pace sul Foglio racconta di cosa si aspetta da questi mondiali e dalla nazionale italiana. Dicendo innanzitutto una cosa: che è vero che l’Italia è più scarsa di quattro anni fa, ma è anche vero che ai mondiali succede un po’ di tutto e questo non mai contato davvero.
Il Campionato del mondo è un torneo e raramente lo vincono i migliori. Anni fa c’era una squadra che entusiasmava, l’Olanda di Crujff, che avrebbe dovuto vincere per abbandono degli avversari, e invece perse in finale con i diesel tedeschi, e io piansi. Il fatto è che nulla è scritto prima. Si può cominciare steccando, riprendersi e impennarsi fino alla vittoria, come nel 1982 in Spagna. O cominciare benissimo, vincere con merito e arrivare solo quarti, come nel 1978 in Argentina. Con cinque partite di cui due a eliminazione diretta si entra tra le quattro finaliste. Poi per scongiurare la sorte c’è un solo modo: toccarsi. Lo facemmo senza grazia nel 1990, nel 1994, nel 1998, con risultati nettamente migliori nel 2006, tant’è che qualcuno uscì letteralmente fuori di testa.
Quando Pace vuol far capire che ai mondiali e nel calcio succede un po’ di tutto, intende proprio un po’ di tutto. Al punto da sovvertire la normalità dei canoni sportivi.
Il calcio non è uno sport, per questo esalta. Sul campo non c’è giustizia, né quella cosa sciapa e per bene che chiamano cultura sportiva: regnano ingiustizia e crudeltà. L’etica è bandita: sennò avremmo dovuto tagliarla quella mano sinistra che nel 1986 spinse la palla nella rete inglese. Ma avremmo recato offesa a Dio che quel giorno era dalla parte degli spergiuri e dei bari e accompagnò il genio di Maradona in quella serpentina di cinquanta metri palla al piede, difensori e portiere saltati come paracarri, che è il più bel gol di sempre.
Se, quindi, il calcio “vive di provocazione fisica e verbale, di simulazione e dissimulazione”, allora dovremmo ricalibrare completamente il nostro modo di capirlo, viverlo e subirlo. Fino al punto da innescare la marcia indietro sul modo in cui abbiamo registrato e archiviato una delle partite più controverse della storia della nazionale italiana. Quella di Daejeon, il 18 giugno 2002.
Ecco perché se e quando perderemo, dovremo provare per una volta almeno a farlo con stile. Senza star lì a sezionare il capello, senza piagnistei né scuse, senza inveire contro gli arbitri o ammiccare a giornalisti pelosi sempre pronti a vedere complotti. Per questo non sarebbe male cominciare con restituire l’onore al signor Byron Moreno, sì proprio all’arbitro di Italia-Corea del sud dei Mondiali del 2002. Poche sera fa mi è capitato di rivedere quella partita. La ricordavo scandalosa. Invece quel tracagnotto con l’aria da caudillo per quasi novanta minuti commise pochissimi errori: il più grave fu a nostro favore, non punì con il secondo giallo e con l’espulsione un maldestro intervento da dietro di Francesco Coco. Dopo l’eliminazione, lo linciammo, dicemmo che aveva preso soldi e regali dal presidente della Federazione sud coreana. Quell’Italia lì, con il Trap in panchina che pure spargeva intorno a sé acqua benedetta, fu raggiunta all’ultimo secondo regolamentare, sconfitta ai supplementari ed eliminata perché per quattro volte, davanti a una porta vuota, buttammo la palla al cielo. Le chiediamo scusa, signor Byron Moreno, perché questo è lo stile dei campioni.
Sullo stile dei campioni, pochi dubbi; meno sui “pochissimi” errori di Moreno. Ammesso che troviate opportuno vedere un simile video a tre giorni da Italia-Paraguay, di seguito un racconto di quella – purtroppo – indimenticabile partita.