Pene lievi per la strage di Bhopal
Otto della Union Carbide sono stati condannati a due anni per il disastro del 1984 in India
Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre del 1984 un incidente presso lo stabilimento chimico di Bhopal (India) della Union Carbide portò al rilascio di oltre 42 tonnellate di isocianato di metile, un composto chimico utilizzato per la produzione di pesticidi. Una nube altamente tossica si propagò nell’area intorno alla fabbrica contaminando almeno mezzo milione di persone. La perdita di gas uccise circa 15mila persone, 8mila solo nelle prime settimane. A distanza di oltre 25 anni dal disastro, i magistrati di Bhopal hanno condannato otto persone a due anni di carcere per quanto avvenuto nello stabilimento della Union Carbide.
Gli otto condannati lavoravano tutti nella fabbrica e sono stati perseguiti per negligenza. Uno è morto prima della fine del processo, mentre gli altri sette dovrebbero ricorrere in appello. Secondo le numerose associazioni nate per tutelare i diritti delle vittime dell’incidente, la sentenza da poco emessa è tardiva e insufficiente rispetto all’entità del disastro del 1984, riferisce la BBC.
I condannati lunedì sono Keshub Mahindra, consigliere della divisione indiana della Union Carbide; VP Gokhale, direttore amministrativo; Kishore Kamdar, vicepresidente; J Mukund, area dei lavori; RB Roy Chowdhury (deceduto), assistente ai lavori; SP Chowdhury, manager della produzione; KV Shetty, soprintendente dello stabilimento; SI Qureshi, assistente alla produzione. Sono tutti indiani.
Tra gli imputati mancava il nome di Warren Anderson, principale esponente della Union Carbide all’epoca dell’incidente, accusato di essere uno dei principali responsabili di quanto accaduto. Durante il confronto processuale, Anderson è stato definito “latitante”.
Per le organizzazioni non governative e le associazioni delle vittime la sentenza costituisce ora un pericoloso precedente, specie sull’entità della condanna. «Il disastro è stato trattato come un banale incidente stradale» ha dichiarato l’attivista Satinath Sarangi. I membri dell’associazione Bhopal Gas Women’s Workers chiedono da tempo condanne esemplari per i singoli e per le società coinvolte nel disastro.
Oltre una dozzina di giudici si sono occupati del caso a partire dal 1987, quando la principale agenzia investigativa pubblica, il Central Bureau of Investigation (CBI), accusò 12 persone di “omicidio colposo oltre le intenzioni”. L’accusa avrebbe potuto portare a una condanna fino a 10 anni per gli imputati. Tuttavia, nel 1996, la Corte Suprema ha ridotto le accuse a “morte per negligenza”, che può portare a una pena massima di due anni se condannati.
A distanza di tanti anni gli effetti della perdita di gas tossici continuano a farsi sentire a Bhopal. Numerosi bambini nascono ogni anno malformati e con gravi disfunzioni, mentre i casi di cancro, diabete e di altre malattie croniche sono più alti rispetto alla media. Avere giustizia per le vittime di ieri e di oggi sembra comunque molto difficile: una ventina di anni fa la Union Carbide pagò circa 470 milioni di dollari come risarcimento per quanto accaduto al governo indiano. La società fu acquisita nel 1999 dalla Dow Chemicals i cui legali sostengono che l’accordo raggiunto tra Union Carbide e governo ha di fatto esaurito ogni possibile futura richiesta contro la società per il disastro ambientale