In Argentina un nuovo processo per Operazione Condor
Due militari e due agenti dell'intelligence argentina sono accusati di aver torturato decine di dissidenti
Sandro Soba aveva otto anni quando vide per la prima volta alcuni uomini torturare suo padre. Arrivato in Argentina per sfuggire al regime in Uruguay, Sandro era stato portato con la famiglia nella officina Orletti di Buenos Aires. Il locale per la riparazione degli autoveicoli era in realtà una copertura per gli agenti che lavoravano all’Operazione Condor, un’iniziativa coordinata tra le principali dittature dell’America del Sud per tenere sotto controllo i dissidenti che cercavano rifugio all’estero.
I rumori dei motori dell’officina servivano per coprire le urla di chi veniva torturato per ottenere confessioni e rivelazioni sui movimenti contro i regimi sudamericani. Una storia poi ripresa nel bellissimo Garage Olimpo di Marco Bechis. Gli agenti non andavano per il sottile: i dissidenti subivano forti scariche elettriche e venivano legati e appesi per gli arti per ore. Se questi sistemi non si rivelavano sufficienti, oltre alle percosse era anche prevista l’immersione della testa dei torturati in acqua, il cosiddetto “sottomarino”.
Adalberto Soba, il padre del piccolo Sandro, fu torturato davanti agli occhi di suo figlio nell’officina Orletti. Quella fu anche l’ultima volta in cui il ragazzino vide il proprio genitore. Insieme alla madre, Sandro tornò in Uruguay con la mente devastata e piena di incubi che per anni non lo lasciarono dormire sereno, racconta oggi alla Associated Press.
«Avevo paura di chiudere gli occhi e di dimenticare i dettagli di ciò che avevo visto. Sapevo che un giorno o l’altro avrei dovuto raccontarlo a qualcuno, così da poter capire dove ci avessero portato e dove avessi visto mio padre per l’ultima volta. E così ci sarebbe stata giustizia.»
Forse ci siamo. Insieme ad altri testimoni, Sandro parteciperà a un processo contro cinque uomini del regime accusati di aver detenuto illegalmente almeno 65 prigionieri nell’officina Orletti. Il nuovo procedimento giudiziario fa parte del piano adottato dall’Argentina per fare chiarezza sui difficili anni della giunta militare che guidò il paese tra il 1976 e il 1983. Un periodo buio che portò alla morte di quasi 30mila oppositori politici secondo le associazioni che si battono per i diritti umani. Attraverso i locali dell’officina nel corso degli anni passarono oppositori politici provenienti da Cuba, dal Cile, dalla Bolivia e dall’Argentina. Si stima che tra tutti, solamente il 10% dei prigionieri detenuti illegalmente da Orletti sopravvissero alle torture e alle angherie della prigionia.
Sulla base delle prove e dei documenti raccolti sono stati incriminati il colonnello Ruben Visuara, l’agente dei servizi Raúl Guglielminetti, il generale dell’esercito Eduardo Rodolfo Cabanillas e i due agenti dell’intelligence argentina Honorio Ruiz ed Eduardo Ruffo.
Cabanillas e Visuara sono accusati di aver ucciso cinque persone i cui corpi furono ritrovati in alcuni bidoni pieni di cemento nel fiume Lujan – compreso Marcelo Gelman, il figlio del poeta argentino Juan Gelman. La nuora di Juan Gelman, María Claudia García era incinta di sette mesi quando fu rapita insieme a Marcelo. Fu poi trasferita in Uruguay e scomparve. Nel 2000, Gelman ha ritrovato la sua nipote, Macarena Gelman García, che fu cresciuta da un agente di polizia e dalla propria moglie in Uruguay. Anche lei testimonierà al processo che probabilmente durerà diversi mesi.
I documenti emersi dagli archivi dimostrano che gli Stati Uniti erano a conoscenza dell’Operazione Condor. Tuttavia, i testi in archivio riconducibili anche all’intelligence statunitense non dimostrano che gli USA fossero a conoscenza delle torture condotte nell’officina Orletti.
Le autorità dell’Argentina sembrano essere determinate a fare chiarezza sugli anni della giunta militare. Nel 2005 il paese ha annullato l’amnistia per gli ufficiali dell’esercito consentendo così ai magistrati di avviare i processi. Le persone coinvolte sono quasi 1500 e fino a ora le 75 sentenze emesse hanno portato alla condanna di 68 individui e all’assoluzione dei restanti sette.