Celtics-Lakers, alla morte
È il derby d'America, se si vuole, perché mette di fronte le due squadre più vincenti di sempre (17 titoli per i Celtics, 15 per i Lakers)
di Mauro Bevacqua
Boston vs. Los Angeles. Celtics vs. Lakers. “It can’t get any better than this”, non si può fare meglio di così, dicono qui, per cui queste Finali NBA 2010 che cominciano giovedì sono da non perdere, anche per chi di solito non bazzica il mondo del basket americano. Da giovedì notte si parte, e sull’altare – come da tradizione – sono saliti in due, ma l’anello (il simbolo della vittoria nel campionato NBA) finirà al dito di una sola squadra. È il derby d’America, se si vuole, perché mette di fronte le due squadre più vincenti di sempre (17 titoli per i Celtics, 15 per i Lakers).
Ma è un po’ anche il derby d’Italia, perché sui nostri schermi le prime immagini di NBA sono arrivate all’inizio degli anni ’80, e allora c’erano solo Boston Celtics e Los Angeles Lakers, Larry Bird contro Magic Johnson, Robert Parish contro Kareem Abdul-Jabbar, biancoverdi contro gialloviola. Per dire: dei 10 titoli NBA di quegli anni ’80, 5 sono finiti a L.A. (1980, 1982, 1985, 1987 e 1988), 3 a Boston (1981, 1984, 1986), con la sfida diretta andata in scena tre volte, nel 1984, nel 1985 e poi ancora nel 1987. Il totale, invece, dice 11 serie finali tra Celtics e Lakers, con i primi nettamente in vantaggio (9-2) grazie allo strapotere negli anni ’60 (7 sfide Celtics-Lakers in finale tra il 1959 e il 1969, 7 vittorie biancoverdi!) e grazie all’ultimo episodio, fresco nella memoria di tutti, targato 2008.
Il dodicesimo atto della saga che sta per partire, infatti, replica la finale di due stagioni fa: Boston vinse 4-2 la serie, L.A. si rifece diventando campione l’anno scorso, contro Orlando. Oggi si ritrovano, coi Lakers vogliosi di difendere il proprio titolo e di prendersi la rivincita sui rivali di sempre. Di sempre, sì, perché cambiano i nomi dei protagonisti, ma rimane intatta la rivalità.
Il passato è di Red Auerbach, padre-padrone dei Celtics, che era solito accendersi un sigaro ogni titolo NBA vinto: “Close but not cigar”, ancora oggi, è un modo di dire comunemente entrato nel linguaggio USA per raccontare di chi ci va vicino ma alla fine non vince, “non accende il sigaro”. È di Bill Russell, il più forte difensore della storia NBA, 11 titoli NBA vinti coi Celtics – “più anelli che dita su cui infilarli” – molti contro Wilt Chamberlain, gigante capace di segnare 100 punti in una sola partita. È di Jerry West, ovvero “Mr. Logo”, prima guardia poi general manager dei Lakers, così elegante sul campo che la sua silhoutte è stata utilizzata dalla stessa NBA per inserirla nel proprio logo. È di Kareem Abdul-Jabbar, l’uomo del “gancio-cielo”, miglior marcatore della storia NBA. È di Larry Bird & Magic Johnson, che uno contro l’altro hanno scritto pagine di storia della pallacanestro dando il via all’era moderna (e globale) della NBA.
Il passato però è passato, mentre il presente hai i suoi eroi da celebrare. Ecco Kobe Bryant allora, alla ricerca del quinto titolo NBA (come Magic e come Kareem, a uno di distanza da Michael Jordan) e Paul Pierce, stella dei Celtics che da bambino impazziva per i Lakers essendo nato a Inglewood, nel cuore “black” di L.A.; Pau Gasol, catalano emigrato in California, e Kevin Garnett, un fenomeno di 2.13 che ha rivoluzionato il gioco come nessuno negli ultimi anni; Ron Artest, il mastino della difesa gialloviola, e Ray Allen, il miglior tiratore puro della Lega. Il tutto nella cornice del duello tra Boston e Los Angeles, due squadre ma anche due città lontane e opposte – e non solo per criteri geografici. Iniziano le Finali NBA, lo spettacolo è assicurato, e non solo in campo. Perché nel basket – come ripete all’infinito Phil Jackson, l’allenatore dei Lakers, 10 titoli NBA, il più vincente di sempre – “c’è molto più che il basket”.