Ci manca solo l’uragano
Inizia la stagione degli uragani e si teme che i movimenti della chiazza verso le coste della Louisiana accelerino
L’inarrestabile perdita di petrolio potrebbe presto trovare un nuovo alleato per devastare le coste della Louisiana. La stagione degli uragani è da poco iniziata negli Stati Uniti e andrà avanti fino al prossimo novembre. Esperti e ambientalisti temono che il tumultuoso periodo meteorologico possa aggravare il danno ambientale causato dall’affondamento della piattaforma BP: tempeste, mare mosso e forti correnti potrebbero portare verso la costa maggiori quantità di petrolio, complicando ulteriormente le operazioni di recupero e protezione delle coste.
Fare previsioni precise non è naturalmente possibile, spiegano sul New York Times, perché le variabili in gioco sono numerose e molto dipenderà dalla traiettoria che prenderanno gli uragani, dalla loro velocità e dalla loro posizione rispetto all’area in cui il petrolio raggiunge la superficie dell’acqua del golfo. I venti solitamente influiscono sui moti ondosi e sull’acqua per alcune decine di metri e non dovrebbero dunque portare in superficie più petrolio di quanto non ne arrivi già ora.
La National Oceanic and Atmospheric Administration ha previsto tra le 14 e le 23 tempeste per la stagione da poco iniziata e almeno otto di queste si trasformeranno in uragani. Tra i tre e i sette potrebbero anche tramutarsi in uragani di grandi dimensioni con venti che potrebbero raggiungere i 160 chilometri orari.
Secondo il gruppo di ricerca di Philip J. Klotzbach e di William M. Gray della Colorado State, c’è un buon 43% di probabilità che almeno un uragano possa giungere sulle coste della Louisiana quest’anno, almeno stando alle statistiche degli ultimi anni. Nel 1966 Jonne e Robert H. Simpson ipotizzarono che spruzzando un liquido insolubile sull’acqua si sarebbe potuta ridurre l’evaporazione che in genere “nutre” gli uragani e li fa accrescere.
Il petrolio potrebbe dunque limitare la possibilità di ritrovarsi un uragano sulle coste della Louisiana? Buona parte dei ricercatori escludono questa possibilità. La chiazza occupa un’ampia superficie del golfo, ma non è certo larga quanto i fronti nuvolosi degli uragani che possono raggiungere i 300 o 500 chilometri di ampiezza. Per Kerry A. Emanuel, professore del MIT, il petrolio potrebbe avere effetti deleteri e favorire la propagazione degli uragani: una minore evaporazione dell’acqua a causa della chiazza potrebbe portare a temperature più alte dell’acqua. E più calore che sale verso il cielo potrebbe ingrandire i fronti nuvolosi degli uragani con conseguenze poco allettanti.
Quella di Emanuel rimane comunque una semplice ipotesi, per ora non supportata da dati precisi. A causa del petrolio, i satelliti faticano a misurare l’effettiva temperatura dell’acqua nella zona e senza quel dato è difficile fare previsioni sufficientemente precise.