“Tutti vogliono la festa, nessuno vuole pagare”
Anche per il Brasile organizzare i mondiali del 2014 sta diventando una grana non da poco
Abbiamo detto delle difficoltà politiche e organizzative che hanno determinato la bocciatura delle candidature italiane per ospitare gli europei di calcio del 2012 e quelli del 2016. Abbiamo detto delle stesse difficoltà che stanno dietro la probabile nuova bocciatura della candidatura di Roma per le olimpiadi del 2020. Altre cose sono già storia, come gli effetti nefasti sul debito greco che ebbe la malandata organizzazione delle olimpiadi del 2004. Su Time di questa settimana si racconta di come anche in Brasile l’organizzazione dei Mondiali del 2014 rischia di non essere affatto una passeggiata, e la FIFA ha già manifestato una certa preoccupazione.
Il mese scorso il segretario generale della FIFA Jerome Valcke aveva constatato quanto il Brasile fosse indietro con la tabella di marcia dei lavori, tanto al punto da considerare l’ipotesi di ridurre da dodici a otto il numero di città alle quali fare ospitare le partite. Valcke ha rimproverato le autorità brasiliane, accusandole di avere ignorato le scadenze – scadenze che peraltro il comitato organizzatore non ha voluto diffondere – e dicendo che c’è il rischio che gli stadi vengano finiti praticamente all’ultimo minuto. “Ho un rapporto sulla situazione degli stadi brasiliani, e non è bellissimo”, ha detto Valcke ai giornalisti. “È incredibile che siano in ritardo già adesso. Gli stadi sono la base: senza quelli, non possiamo fare i mondiali in Brasile”.
Sembrava che il Brasile dovesse iniziare benissimo. Era stato l’unico candidato a ospitare i mondiali del 2014, e la sua candidatura era molto popolare. Patria di tantissime squadre e giocatori eccezionali, non ospitava un mondiale dal 1950 e molti tifosi pensavano che il gigante sudamericano meritasse di ospitarli di nuovo. Sebbene in questi anni il Brasile abbia continuato a produrre campioni su campioni, le sue capacità organizzative sono apparse praticamente amatoriali. Le istituzioni hanno fatto passare più di un anno dall’investitura ufficiale, prima di decidere una volta per tutte le dodici città (cinque delle quali devono essere pronte per la Confederations Cup del 2013). Inoltre, è ancora in alto mare il lavoro sulle infrastrutture destinate ai trasporti: aeroporti, porti, stazioni, autostrade.
Time cita quindi il parere di Jose Roberto Bernasconi, presidente di un’organizzazione di architetti e ingegneri che sta monitorando da vicino le azioni del comitato organizzatore brasiliano.
Secondo Bernasconi le autorità non hanno rispettato finora i più basilari principi di trasparenza, rifiutandosi di pubblicare i dettagli sulla candidatura o una scaletta delle scadenze richieste dalla FIFA. Il governo ha impiegato due anni solo per mettere nero su bianco una lista di incarichi e responsabilità. Inoltre, prosegue Bernasconi, il costo dell’organizzazione ricadrà praticamente su tutti i brasiliani. Nove dei dodici stadi saranno di proprietà dello stato, gli altri delle regioni. I prestiti a basso interesse messi a punto all’uopo dalle banche non sono stati richiesti da nessuno, e molti temono che le stesse regioni stiano prendendo tempo sperando di ottenere dal governo condizioni ancora più vantaggiose. “Tutti vogliono la festa, nessuno vuole pagare”, dice Bernasconi.