“Uomo infettato da un virus informatico”, una balla
Mark Gasson non è stato infettato da un virus per PC, si è semplicemente impiantato un chip sottopelle
No, Mark Gasson non è stato infettato da un virus informatico. La notizia che circola da ieri è stata ingigantita e travisata, tanto da spingere la BBC a chiedere scusa sul proprio sito web. L’emittente britannica aveva raccontato la storia del ricercatore del Cybernetic Intelligence Research Group (Università di Reading), Mark Gasson, che aveva dichiarato di essersi impiantato un chip dentro il corpo, divenendo il primo essere umano infettato da un virus per personal computer. Una notizia curiosa, ripresa anche in Italia dai principali quotidiani come Corriere [aggiornamento delle 17:30: l’articolo è stato rimosso dal sito] e Repubblica.
Come sottolinea Paolo Attivissimo nel suo blog, la notizia rasenta la bufala: Gasson ha ingigantito il banale trapianto di un microchip sottocutaneo e alcuni media hanno abboccato, diffondendo un’informazione molto lontana dalla realtà.
Le ragioni della derisione sono semplici. Gasson si è impiantato in una mano un normale chip sottocutaneo RFID del tipo utilizzato per identificare gli animali domestici. Sul chip, al posto dei normali dati identificativi, ha scritto il codice di un virus informatico. Questo genere di RFID è un aggeggio minuscolo che non ha alcuna interazione con il corpo. Se ne sta lì, sotto la pelle, e basta: se interrogato da un apposito scanner, risponde trasmettendo i propri dati. È un parente dei dispositivi antitaccheggio dei supermercati. Non infetta l’organismo che lo ospita. Per cui parlare di “primo uomo infetto da virus per PC” è una sciocchezza totale.
La possibilità che attraverso un RFID impiantato sottopelle qualcuno possa contrarre un virus informatico è molto remota e al momento irrealizzabile. Il virus, raccontava Gasson, potrebbe consentire a un pirata informatico di attaccare un pacemaker, compromettendone le funzionalità, ma anche questa ipotesi è lontana dall’essere attuabile in tempi brevi. Anche l’infezione tra RFID e RFID è praticamente impossibile, spiega Attivissimo: «È come pensare di poter infettare un registratore di casa semplicemente facendogli leggere un particolare codice a barre».
Dopo aver ricevuto critiche a non finire dai lettori, la BBC è corsa ai ripari pubblicando un articolo riparatore con alcune precisazioni. Rory Cellan-Jones, l’autore del discusso pezzo, ammette di non aver utilizzato un tono sufficientemente scettico nel trattare la notizia, ma rivendica la scelta di essersi occupato di Gasson e del suo chip contenente un virus:
Penso che la storia sia valida. Perché? Perché un mondo dove la maggior parte delle persone utilizza dispositivi computerizzati all’interno del proprio corpo non è una questione di fantascienza e pone alcune interessanti domande sulla sicurezza e sull’etica.