La guerra civile per la provincia di Bergamo

Gad Lerner su Repubblica analizza il sistema di consolidamento del potere e degli interessi locali della Lega

© Marco Merlini / LaPresse
06-05-2010 Roma
Politica
Montecitorio, voto finale sul decreto legge incentivi
Nella foto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti e il ministro per le Riforme, Umberto Bossi

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Rome, 05-06-2010
Politic
Montecitorio, Chamber of Deputies, final vote about 'incentives law'
In the photo the Minister of Economy and Finance, Giulio Tremonti and Reform minister Umberto Bossi
© Marco Merlini / LaPresse 06-05-2010 Roma Politica Montecitorio, voto finale sul decreto legge incentivi Nella foto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti e il ministro per le Riforme, Umberto Bossi © Marco Merlini / LaPresse Rome, 05-06-2010 Politic Montecitorio, Chamber of Deputies, final vote about 'incentives law' In the photo the Minister of Economy and Finance, Giulio Tremonti and Reform minister Umberto Bossi

Nella confusissima vicenda dell’abolizione delle piccole province delle cui bugie e goffaggini nessuno sta chiedendo conto a Tremonti e Berlusconi, abbiamo assistito anche a un’altra rivelazione del tratto politico di una componente del governo. È stato quando sulla questione è intervenuto Umberto Bossi, che fino a quel punto era stato indicato come soddisfatto del fatto che i tagli non riguardassero – grazie ad acrobatici artifici normativi – le province più care alla lega. Di fronte alla richiesta di una parte di deputati del PdL che fosse mantenuta invece la promessa dell’abolizione di tutte le province, Bossi ha detto ai giornalisti:

Se mi toccano la provincia di Bergamo dobbiamo fare la guerra civile

Le parole di Bossi sono state inserite nella familiare categoria “Lega che protegge il Nord” e quasi nessuno si è posto il problema di metterla a confronto con l’altra familiare categoria “Lega che contesta gli sprechi pubblici e combatte la politica mangiasoldi”. Perché il confronto avrebbe detto che questa seconda categoria è falsa e vuota, quando i soldi se li mangiano al Nord.

“Rappresentanza di interessi locali, ammantata d’ideologia tradizionalista”: questa è la pretesa antipolitica della Lega, scrive oggi Gad Lerner su Repubblica. Il bluff leghista su Roma ladrona era stato svelato già altre volte, da quando la Lega occupa i posti di potere: di certo con maggiore attenzione a non mettersi letteralmente nel ruolo di ladrona – come accade più frequentemente in altri partiti – ma con la stessa attitudine degli altri a sfruttare il denaro pubblico quando c’è per mantenere il suo potere. Il caso più eclatante è l’insistenza sulla pesantezza del carico fiscale, che però è gestito da un governo di cui la Lega fa parte, trovandosi così a contestare se stessa.

Ma oggi Lerner segnala un’evidenza in più della cupidigia leghista:

Ovviamente la provincia di Bergamo (più di un milione di abitanti) non corre pericolo di essere abolita; e resterà a presiederla un senatore leghista con doppio incarico e doppio stipendio. Il cumulo di poltrone non imbarazza affatto il partito di Bossi, anzi, rientra appieno nelle sue modalità di espansione. Pure a Brescia, Sondrio e Biella i presidenti di provincia leghisti sono parlamentari, eurodeputati o sottosegretari. Mentre gli altri nove (Cuneo, Varese, Como, Lodi, Treviso, Vicenza, Venezia, Belluno, Udine) cumulano volentieri ruoli da sindaco o presidenze di società autostradali e fieristiche.
Se dunque la Lega rifiuta di liquidare le province come enti inutili, ciò si deve non certo alla mitologia del “territorio”, bensì a un disegno di consolidamento delle sue burocrazie locali: una classe dirigente amministrativa che utilizza anche la presenza a Roma per restare abbarbicata alla tutela di meri interessi localistici. A prescindere da qualsivoglia visione nazionale.

Il successo della pratica è parte rilevante di quel modello Lega che ormai viene spesso invidiato anche a sinistra, quello spesso sintetizzato come “presenza sul territorio”: che se esiste, comprende anche una radicata presenza fisica negli uffici del territorio, persino quelli inutili e costosi, almeno fino a che gestiscono potere.

Altro che federalismo, la moltiplicazione dei centri di spesa asseconda le più variegate spinte separatiste e genera sempre nuove clientele che aspirano a trarre vantaggio dalla disunità d’Italia. Sembra quasi che un preoccupante fervore egoistico autorizzi i notabili a sbizzarrirsi con la fantasia, ridisegnando la carta geografica della penisola secondo convenienza, ben oltre i confini meridionali (inventati e flessibili) della Padania. È di questi giorni la notizia che il Pdl di Benevento, escluso dalla ripartizione degli assessorati regionali campani, minaccia l’addio a Napoli per dare vita, con Campobasso, niente meno che a una nuova regione denominata Molisannio. Un’assurdità? Forse, ma incoraggiata dal crescente peso governativo di un partito che nel suo statuto, articolo 1, proclama la finalità dell'”indipendenza della Padania”.

Sta qua, l’ennesimo proclama da Capitan Fracassa di Umberto Bossi. Nessuno abolirà la provincia di Bergamo, è ovvio: è tutto cinema. Dove i democristiani l’avrebbero saputo e avrebbero continuato a contare i soldi in arrivo alle province senza fiatare, i leghisti alzano la voce. Sul resto, nessuna differenza.