Aboliamo le province, solo alcune, anzi no
Ricostruzione delle giravolte del governo sulle province: dall'abolirle tutte della campagna elettorale al nessuna di ieri sera
Il punto di partenza era la promessa ripetuta come un mantra durante la campagna elettorale dal PDL: abolire le province. Febbraio 2008, Berlusconi: “È necessario eliminare le province”. Marzo 2008, sempre in piena campagna elettorale, Berlusconi parla al Corriere della Sera.
La prima cosa da fare è dimezzare il numero dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dei consiglieri comunali. Non parlo di Province, perché bisogna eliminarle.
Bisogna eliminarle, e non c’è nemmeno da parlarne. Il punto di arrivo oggi sembra essere che nessuna provincia verrà abolita. Restiamo dove eravamo, insomma, ma prima il governo si è fatto un giro sull’ottovolante.
Il primo passo sta in alcune indiscrezioni girate lunedì sul fatto che i sacrifici contenuti nella manovra avrebbero riguardato anche l’abolizione di alcuni enti inutili, e tra questi le province. Mica tutte, però. Il primo paletto che si decide di posizionare è quello degli abitanti: saranno abolite solo quelle con meno di 220 mila abitanti. Perché proprio questa soglia e non un’altra? Una risposta certa non c’è, ma sempre da alcuni settori della maggioranza qualcuno avanza delle ipotesi. La lista è stata stilata dal ministero dell’economia, del quale dal 2001 al 2006 Maria Teresa Armosino è stata sottosegretario. Oggi Maria Teresa Armosino è presidente della provincia di Asti. Abitanti della provincia di Asti: 220.156.
Uno dice: questa è dietrologia, quando si fissa un’asticella c’è sempre qualcuno che finisce dentro o fuori per un pelo. Può darsi. Intanto il numero degli abitanti non è l’unico criterio per stabilire se una provincia va abolita o meno. Prendete le province della Valle d’Aosta, tutte sotto i 220 mila abitanti: le aboliamo tutte? E le province sarde, create appena pochi anni fa, le cancelliamo già? Arriva quindi un altro criterio dirimente: le province delle regioni a statuto speciale restano fuori, non saranno abolite. Ci siamo, quindi? No, perché si decide pure che siano salvate le province che confinano con uno stato estero. Il perché non è chiaro, anche se i soliti dietrologhi fanno notare che la norma salva Sondrio, la provincia del ministro dell’economia Tremonti. La clausola della vicinanza con l’estero dovrebbe valere anche per Vercelli, a un passo dalla Svizzera, però il governo la mette comunque tra le province da abolire: evidentemente in giro per il ministero delle finanze non c’è nessun vercellese.
Insomma, fatti tutti i conti, le province abolite sarebbero nove o dieci su un totale di centodieci. E quelle nove o dieci non ci stanno: da Biella fanno sapere che “questa clausola degli stati esteri è ridicola”, da Matera parlano di “persecuzione” verso le province del sud. Poi ci sono alcuni casi bizzarri. La provincia di Rieti è tra quelle a rischio abolizione. Ma la provincia di Roma dovrebbe diventare area metropolitana, quindi Rieti resterebbe a spasso. Con Terni? Boh. Paolo Griseri su Repubblica cita anche il caso di Ascoli e Fermo.
Dulcis in fundo c’è il caso clamoroso di Ascoli e Fermo. Dopo una fiera battaglia, due anni fa Fermo era riuscita a liberarsi dal giogo ascolano. Ora i suoi 177 mila abitanti la condannano a morire giovane travolgendo anche Ascoli che, dopo la scissione, è ferma a 213.000. Una favola di Esopo.
La provincia di Bergamo ha oltre un milione di abitanti, e nonostante questo – o forse proprio per questo – Bossi decide in modo piuttosto comico di lanciarsi in proclami minacciosi: “Se mi toccano la Provincia di Bergamo dobbiamo fare la guerra civile”. Il leader della Lega rivendica però l’abolizione di quelle poche province, parla di “tagli duri ma inevitabili”, dice che “era giusto toccare alcune Province inutili, lo abbiamo fatto senza cancellare le altre”. Nel frattempo i finiani attaccano, e dalle pagine del Secolo chiedono l’abolizione delle province. Tutte.
Apprezziamo inoltre che tra gli enti inutili da tagliare sono state inserite anche le province, purtroppo però ci siamo fermati a quelle inferiori ai 220.000 e con l’esclusione di quelle frontaliere. L’appello che Le vogliamo rappresentare con la presente è di avere il coraggio di andare sino in fondo, di cogliere questa opportunità storica e inserire nel provvedimento l’abolizione di tutte le province e degli enti collegati. Sarebbe una riforma strutturale che porterebbe un risparmio di milioni di euro diretti e indiretti, si avrebbe infatti un taglio di risorse destinate alla gestione di enti inutili e un taglio alla burocrazia con un risparmio da parte dei cittadini che si vedranno accorciare i processi autorizzativi risparmiando in tempo e risorse con grande soddisfazione per le nostre imprese. Sappiamo Signor Ministro che alle volte in solitudine ma con grande coerenza e determinazione ha preso decisioni non sempre facili da gestire politicamente, ma questa volta se avrà il coraggio di andare sino in fondo abolendo province e enti collegati non sarà solo in Parlamento ma soprattutto non lo sarà nella società civile.
Peccato che Tremonti stia già dicendo tutto il contrario.
“È una notizia falsa. Nella manovra economica varata dal governo non ci sarà nessuna abolizione”
Nessuna abolizione? E il documento sul sito del ministero? Sparisce, anche se in giro si trova ancora e il sito del governo continua a parlarne.
Via inoltre alle Province più piccole, cioè quelle sotto i 220.000 abitanti che non confinano con Stati esteri e non ricadono in Regioni a statuto speciale.