Venter: ecco che cosa abbiamo fatto
Lo scienziato racconta come ha fatto a creare una cellula artificiale partendo dal DNA di un batterio
J. Craig Venter, il ricercatore che ha realizzato l’organismo vivente artificiale, racconta sul Wall Street Journal come insieme al suo team di ricerca è arrivato all’importante risultato dopo oltre 15 anni di esperimenti e test di laboratorio.
Per rendere tutto ciò possibile, il nostro gruppo di 25 ricercatori ha dovuto decifrare il set di istruzioni contenuto nel batterio (Mycoplasma mycoides), sintetizzarle e fare in modo che si esprimessero in una cellula ricevente. Abbiamo dovuto superare numerose difficoltà tecniche. Ma dopo 15 anni e oltre 40 milioni di dollari spesi in ricerche, siamo stati in grado di mettere insieme tutti questi passaggi e produrre alcune cellule sintetiche in laboratorio.
È partito tutto da un programma al computer, scrive Venter, e dal genoma del batterio, le istruzioni genetiche (sono milioni) che costituiscono il DNA del microorganismo. Quattromila istruzioni sono state modificate per annullare la funzione di due geni. Altri dieci geni del batterio sono stati sostituiti con delle altre istruzioni per modificarne le funzionalità. Finito il lavoro al computer, i ricercatori hanno creato i frammenti di DNA veri e propri combinando le basi (le istruzioni) che lo costituiscono. I frammenti sono stati “modellati” per incastrarsi nel DNA naturale del batterio.
Una volta realizzato il corredo genetico, il DNA parzialmente artificiale è stato inserito all’interno di un batterio simile al Mycoplasma mycoides, il Mycoplasma capricolum. Ma anche questo passaggio non si è rivelato molto semplice. Per evitare brutte sorprese, Mycoplasma capricolum ha un sistema per proteggersi da possibili attacchi esterni al proprio DNA. I ricercatori hanno così disattivato il sistema di sicurezza, uno specifico gene, garantendo così la sostituzione del corredo genetico con le nuove istruzioni create in laboratorio.
Ci riferiamo alla cellula che abbiamo creato chiamandola “sintetica” poiché è controllata solamente da un genoma sintetico realizzato con pezzi artificiali di DNA. Anche se il citoplasma della cellula ricevente (il fluido che si trova all’interno della cellula e nel quale “galleggiano” gli organuli cellulari, ndr) non è sintetico, […] la cellula non contiene nessuna molecola che fosse presente nella sua versione originale. Il software del DNA costruisce il suo stesso hardware così che le proprietà delle cellule controllate dal genoma artificiale siano le stesse come se l’intera cellula sia stata prodotta sinteticamente.
Nel suo lungo articolo scritto con il collega biologo Daniel Gibson, Venter cerca anche di smitizzare la sua scoperta affermando di non aver tecnicamente creato da zero la vita, ma di aver semplicemente trasformato una forma di vita già esistente in qualcos’altro. Formalmente la definizione “artificiale” non è dunque la migliore, anche se la più comprensibile: si tratta di vita vera e propria per come già la conosciamo, qualcosa in grado di evolvere e replicarsi come avviene da tempo ormai immemore sul nostro pianeta.
Secondo Venter e colleghi, la genetica di sintesi potrà fornire importanti strumenti in futuro per superare le difficoltà legate alle malattie, alla fame nel mondo e alla mancanza di risorse per una popolazione in costante crescita su scala globale.
Stiamo lavorando alla realizzazione di alcune nuove cellule in grado di assorbire con maggiore efficacia l’anidride carbonica e fissare (o incorporare) il carbonio in nuove molecole di carburante, nuovi oli alimentari, e nuovi derivati biologici. Abbiamo anche un finanziamento dei National Institutes of Health per utilizzare il nostro DNA artificiale come strumento per costruire porzioni dei virus influenzali conosciuti, così che potremo costruire rapidamente nuovi potenziali vaccini in 24 ore. Abbiamo anche dei fondi per vedere se possiamo estrarre alcuni set di geni dai batteri per progettare nuove istruzioni per creare antibiotici che fino a ora si sono rivelati troppo complessi da realizzare.