Stato d’emergenza a Kingston
Spari e barricate nella capitale giamaicana, in difesa di uno dei più pericolosi trafficanti di droga al mondo
Christopher Coke — soprannominato Dudus, Short man e The president — è il più grosso trafficante di droga giamaicano e uno dei più pericolosi al mondo. È stato rotto in questi giorni il patto di lealtà che vigeva tra lui e il partito del primo ministro Bruce Golding, che sotto le continue richieste di estradizione da parte degli Stati Uniti ha deciso di ordinarne la cattura per consegnarlo agli americani e farlo processare. I sostenitori di Coke hanno però reagito, alzando barricate fatte di rottami d’automobili e trasformando una delle zone della capitale, West Kingston, in una fortezza. È da più giorni che continuano gli spari e gli uomini di Coke, rintanato nel quartiere, hanno dato fuoco a quattro stazioni di polizia, in cui un uomo è rimasto ucciso e diversi altri feriti, come riporta Associated Press.
Il Jamaica Observer scrive che il primo ministro Golding ha dichiarato lo stato d’emergenza per garantire la sicurezza dei cittadini. In una comunicazione alla stampa, ha poi sottolineato l’importanza degli avvenimenti in corso:
Quello che sta succedendo è un attacco calcolato alle autorità del governo e non può essere tollerato. Le forze di sicurezza sono state istruite per osservare e rispettare il diritto dei cittadini di continuare le loro vite. La città non è stata chiusa. La gente non si preoccupi, è libera di muoversi e andare al lavoro come sempre. Le scuole apriranno martedì.
Questo per noi è un momento di cambiamento cruciale, stiamo combattendo quel potere criminale che ha penalizzato la società e ha fatto inevitabilmente guadagnare alla capitale l’etichetta di una delle città più cruente al mondo. Dobbiamo affrontare i criminali con determinazione e risoluzione assolute.
Fuori dalle barricate, le forze di polizia chiedono la resa di Cristopher Coke, che è finora rimasto in silenzio. Se venisse catturato e consegnato agli Stati Uniti verrebbe certamente condannato a una vita in prigione.