Quanti sono gli intercettati in Italia?
Il direttore di Repubblica scrive che il governo è responsabile di "un falso" nel raccontare quanto invasive siano le intercettazioni giudiziarie
Per smentire il ministro della Giustizia, che due anni fa sostenne che «una grandissima parte del Paese è intercettata e il numero delle intercettazioni è assolutamente ingiustificato in base al numero degli abitanti e all’ordinamento giuridico», oggi il direttore di Repubblica Ezio Mauro scrive nel suo editoriale che
In realtà i telefoni intercettati in Italia nel 2009 sono 120 mila, che tenendo conto del giro vorticoso di schede e utenze usate dai criminali e delle proroghe corrispondono a meno di 80 mila cittadini, vale a dire lo 0,2 per cento della popolazione.
Il dato è interessante, e interessante la considerazione: che lo 0,2% non sia la “grandissima parte del Paese” evocata dal ministro” è indubbio e non stupisce l’inclinazione alla superficialità dei conti dell’attuale governo. Ma detto questo, lo 0,2% – un italiano ogni cinquecento – che suona così zerovirgola, è davvero una quota così bassa di intercettati?
Un italiano su cinquecento. Significa che a un’affollata partita di calcio cento spettatori sono intercettati. Che in ogni grande sala di cinema il sabato sera c’è un intercettato. Che al test per l’ammissione alla facoltà di Architettura a Venezia ci sono due o tre intercettati. E due o tre tra gli operai Fiat di Termini Imerese. Ce ne sarebbero due in parlamento, se si potesse (se si potesse, il parlamento alzerebbe la media, probabilmente). E a un concerto di Vasco a San Siro, più di cento intercettati.
Certo, sono medie. Come spiega ancora Mauro
il numero dei “bersagli” (come si dice in termine tecnico) intercettati è sceso di 5 mila unità nel 2009 rispetto all´anno precedente, che il costo per lo Stato è fortemente diminuito e che l’80 per cento degli ascolti, addirittura, riguarda reati di criminalità organizzata.
Resta il fatto che per quanto 0,2 suoni un piccolo numero, 80mila suona un grosso numero, a pensarci da profani. Resta inoltre il fatto principale, come spiega ancora il direttore di Repubblica:
Ma qui, invece, l’obiettivo è quello di tutelare i potenti dal rischio di essere intercettati dal magistrato che cerca prove per un reato e dal pericolo di vedere quelle conversazioni-prova pubblicate dai giornali. E in particolare si punta a tutelare quella particolare categoria di potenti – gli uomini politici – che deve sottoporsi al giudizio della pubblica opinione, e dunque teme l'”accountability”, il dover rendere conto del proprio operato, la trasparenza delle sue azioni. Ovviamente, una larga parte del mondo politico condivide il principio della responsabilità e del rendiconto. Ma il governo, con ogni evidenza, vuole evitarlo. Ecco dunque la ricerca di norme congiunte che da un lato rendano più difficili, più limitate, più ristrette le intercettazioni e dall´altro renda addirittura impossibile ai giornali pubblicare non solo i verbali delle conversazioni legittimamente registrate, ma le notizie stesse delle inchieste giudiziarie.