Khodorkovsky inizia lo sciopero della fame
Una nuova legge dovrebbe garantire la libertà al prigioniero politico russo, che però rimarrà in cella
Mikhail Khodorkovsky – l’ex magnate russo detenuto in Siberia dal 2005 – ha iniziato uno sciopero della fame. La decisione è stata comunicata in una lettera alla Corte suprema, nella quale Khodorkovsky lamenta la mancata applicazione nei suoi confronti di un provvedimento – approvato il mese scorso – che permetterebbe alle persone in attesa di giudizio di attendere in libertà l’esito del processo.
La norma in questione ha l’obiettivo di mettere fine all’abuso della detenzione preventiva che viene fatto in Russia, dove di fatto è diventato un metodo scientifico per estorcere confessioni o guadagnare illegalmente dei soldi (non è raro infatti che un imprenditore – specie se inviso al potere politico – venga arrestato e liberato poco dopo, a seguito del pagamento di laute e ovviamente illecite “cauzioni”). Nonostante la nuova normativa, però, i giudici si sono rifiutati di concedere a Khodorkovsky la libertà, una volta scaduta la pena che sta finendo di scontare.
La pena di Khodorkovsky dovrebbe scadere tra pochi mesi, ma con l’avvicinarsi della data del rilascio – e quando Khodorkovsky da ricco oligarca è diventato il simbolo dell’opposizione al regime di Putin – sono saltate fuori delle nuove accuse e quindi un nuovo processo per appropriazione indebita di denaro. Khodorkovsky rischia altri vent’anni di detenzione, a fronte di accuse bizzarre – e non provate – come il furto di una quantità di petrolio superiore a quella prodotta dalla Yukos, la compagnia che dirigeva. Lo stesso Khodorkovsky, contattato di recente dalla CNN, ha parlato di evidenti ragioni politiche a sostegno del nuovo processo.
Non si tratta del primo sciopero della fame intrapreso da Mikhail Khodorkovsky: nel 2008 il prigioniero russo per attirare l’attenzione dei media su un suo compagno di detenzione, malato di Aids eppure costretto a rimanere in cella senza cure adeguate. Lo sciopero fu interrotto dopo due settimane, quando il detenuto venne trasferito in ospedale.