Vogliamo i colonnelli
Il Presidente Andry Rajoelina prese il potere l'anno scorso con un colpo di stato
di Elena Favilli
Madagascar, il Primo Ministro Camille Vital è sicuro: c’era una congiura contro di lui e un piano preciso per ucciderlo prima dell’alba nel suo letto. “Magari fossero venuti” dice al New York Times “gli avrei dato una lezione, dormo con una pistola e una granata sotto al cuscino”. Il piano invece è stato sventato in tempo e i congiurati sono stati arrestati.
C’è aria di cospirazione in Madagascar, nelle strade della capitale Antananarivo tutti parlano degli incontri segreti di esercito e gendarmeria e sembrano aspettarsi un nuovo colpo di stato da un momento all’altro. A marzo dell’anno scorso ci fu un ammutinamento nell’esercito e l’allora Presidente Marc Ravalomanana fu deposto e costretto all’esilio. Il potere finì nelle mani del giovane sindaco di Antananarivo Andry Rajoelina, 33 anni, che nelle settimane precedenti aveva più volte detto di essere già a capo di un governo parallelo, annunciando di fatto l’imminenza di un golpe.
Da allora il Madagascar si è aggiunto alla lunga lista di Paesi africani privi di un governo eletto democraticamente. Mercoledì Rajoelina ha annunciato un referendum costituzionale in agosto, elezioni legislative a settembre e a novembre elezioni presidenziali, a cui dice che non si presenterà come candidato. Ma è già successo più volte negli ultimi mesi e ogni volta le elezioni sono state prima annunciate, poi posticipate e infine cancellate.
Nel frattempo il governo è in stallo: il potere di Rajoelina non è riconosciuto pienamente dal gabinetto e molti dei suoi ministri non lo rispettano, alcuni non si presentano neanche alle riunioni. “Non credo che si possa dire che in questo momento ci sia qualcuno a capo della nazione” ha detto al New York Times l’ambasciatore americano R. Niels Marquardt “è una specie di ‘liberi tutti’”.
Alle voci sui possibili colpi di stato si sommano quelli sulla corruzione. “Il Presidente non ha nessun potere e i ministri, non sapendo per quanto ancora saranno in carica, cercano di prendere più soldi che possono finché sono in tempo”, dice il viceministro delle telecomunicazioni Ramilison Guilot.
Intanto il Paese soffre una delle preggiori crisi economiche della sua storia. Dopo il colpo di stato del 2009 molti degli aiuti internazionali sono stati bloccati perché il Madagascar non è più considerato un Paese democratico. Il tessile era uno dei settori più fiorenti fino a poco tempo fa, con fabbriche che producevano anche 35.000 paia di jeans al giorno destinati alla grande distribuzione americana. Ma ora gli Stati Uniti hanno bloccato la loro politica di aiuti e le fabbriche sono semivuote: alcune chiuse, altre passate da 4.500 a 500 operai. E ai lavoratori non resta che mettersi in fila ogni mattina di fronte alle poche fabbriche rimaste aperte sperando di essere presi a lavorare almeno per due o tre giorni.
Continua a sopravvivere invece il mito dell’ex Presidente della nazione Ravalomanana. Si dice che avesse iniziato vendendo yogurt con la sua bicicletta e che senza l’aiuto di nessuno fosse diventato in breve tempo l’uomo più potente del Madagascar. Quando divenne Presidente la sua azienda Tiko aveva interessi in quasi tutti i settori dell’economia: edilizia, radio, televisione, riso, energia. E mentre si assicurava il suo strapotere economico era riuscito a ridurre la povertà della nazione, soprattutto perché dall’estero iniziarono ad arrivare molti soldi per strade e infrastrutture.
Oggi l’ex colonia francese famosa per i lemuri – l’80% delle sue specie animali e vegetali non si trovano da nessun’altra parte sulla Terra – non ha più neanche le risorse necessarie per far funzionare l’ospedale più grande della capitale e molte famiglie preferiscono portare a morire a casa i loro bambini per risparmiare: da vivi possono ancora tornare in autobus, da morti c’è bisogno di una macchina o di un taxi.