La lista di Anemone
I giornali di oggi iniziano a rovistare nell'agenda sequestrata dalla Finanza con i nomi di quattrocento beneficiari di ristrutturazioni
Per una volta non ci sono grandi differenze tra le aperture dei quotidiani, nemmeno tra quelli di orientamento politico più diverso: Repubblica, Corriere e il Giornale aprono tutti con “la lista di Anemone”, un libro mastro “segreto” contenente quattrocento nomi di beneficiari di ristrutturazioni. Dentro c’è di tutto: ministri, politici, registi, giornalisti, istituti religiosi. Diversi cognomi ancora da decifrare, alcune scritte strane: “appartamento via arno del papa” o “Claps Potenza”. Il Giornale pubblica la lista in versione integrale, a puntate: oggi ha i primi centocinquanta nomi, domani proseguirà. Francesco Viviano su Repubblica elenca i nomi nel suo pezzo, facendo en passant una premessa non proprio superflua:
Riproduciamo integralmente il testo sequestrato dalla Guardia di Finanza con l’elenco dei lavori effettuati dalla ditta Anemone. Un elenco in cui non si specifica se le ristrutturazioni siano state pagate o meno.
La differenza c’è, e infatti alcuni dei personaggi tirati in ballo – il regista Pupi Avati – hanno già fatto sapere di avere pagato tutto di tasca loro.
In ogni caso l’affare continua a gonfiarsi, e il Corriere della Sera racconta di come il PD e Berlusconi abbiano paradossalmente preoccupazioni molto simili: il timore che l’inchiesta si allarghi e porti il paese alle elezioni anticipate. Marco Galluzzo a pagina 8 ricostruisce un retroscena che vede il presidente del consiglio “amareggiato nel vedere che a tanti non bastano i benefici derivanti dalla politica”, e quindi “questo è solo l’inizio”. Maria Teresa Meli a pagina 11 racconta che il PD non vorrebbe lo scioglimento anticipato delle camere e registra le preoccupazioni di Fioroni.
“Calma”, è la raccomandazione del segretario Bersani. “Calma”, ripete il responsabile del Welfare Beppe Fioroni. Il quale, però, ammette: “Il pericolo che la situazione precipiti è reale, qui si rincorrono voci e indiscrezioni”. Davanti ai giornalisti l’esponente del Partito Democratico non proferisce altre parole, ma poi, quando si siede su un divanetto del Transatlantico di Montecitorio con un collega di partito, si lascia sfuggire un: “C’è persino un tam tam secondo cui l’inchiesta su appalti, case e ristrutturazioni potrebbe diventare bipartisan…”.
Intanto il primo caduto sull’inchiesta Anemone – l’ormai ex ministro Claudio Scajola – compie un ulteriore retromarcia, e si rifiuta di andare dai pubblici ministeri come aveva promesso: pare che la cosa “determini un comprensibile stato di imbarazzo” al suo avvocato. Repubblica a pagina 4 fa il punto della situazione sull’evoluzione del suo pensiero.
Non devo spiegazioni al Parlamento. Per Biagi mi dimisi ma stavolta no: sembrerebbe un’ammissione di colpa.
(Claudio Scajola, 30 aprile 2010)
È solo un processo mediatico. Andrò dai pm come persona informata sui fatti e poi riferirò alle camere.
(Claudio Scajola, 3 maggio 2010)
Da giorni la stampa nazionale riporta quel che viene rappresentato come il contenuto di atti di indagine. Tale situazione, a mio avviso, non è corretta su un piano tecnico processuale e mi determina un comprensibile stato di imbarazzo a consentire che la richiesta di audizione avvenga secondo le modalità indicate e senza, quindi, il rispetto delle garanzie difensive normativamente previste. In questa situazione, quindi, ho deciso di non far presentare il ministro Scajola dinanzi ai pubblici ministeri.
(Giorgio Perroni, avvocato di Claudio Scajola, 12 maggio 2010)