• Mondo
  • Mercoledì 12 maggio 2010

Tre scenari per la Grecia

Aumento delle tasse e tagli alla spesa pubblica, ristrutturazione del debito, uscita dall'euro

Il cospicuo fondo d’emergenza che l’Europa le ha versato per contenere la crisi darà il tempo alla Grecia di rifiatare e pensare alla prossima mossa, ma non risolverà la crisi da solo. Il Fondo Monetario Internazionale vuole che la Grecia abbassi il proprio deficit dal 14 al 3 per cento in tre anni, e i 700 miliardi stanziati dall’Europa sono bei soldi, ma non riusciranno in un simile miracolo. Derek Thompson, che scrive di economia per l’Atlantic, spiega quali sono i tre possibili scenari che attendono ora la Grecia. E non sono gran scenari.

1. Trascinarsi
Aumenti delle tasse e forti tagli alla spesa. Questo significherebbe però un rallentamento dell’economia, con una conseguente diminuzione delle entrate delle tasse, con un conseguente aumento dei tagli alla spesa, e così via. E una contrazione rapida dell’economia, come dimostrato da Argentina e Lettonia, può portare a una nuova crisi delle banche, all’intervento del governo e quindi a un aumento del debito pubblico.

2. Ristrutturare il debito
Ristrutturare il debito significa trovare accordi con i propri creditori per pagarli meno del dovuto. La maggior parte dei creditori della Grecia sono banche europee: e quindi parliamo di perdite per le banche e probabilmente a un nuovo intervento dei governi europei. E, nonostante questo, l’economia della Grecia non sarebbe comunque risanata del tutto. Anche pagando solo 50 centesimi per dollaro, il deficit rimarrebbe sul 10% circa. E l’effetto del mancato pagamento contagerebbe le altre nazioni: gli investitori sarebbero intimoriti all’idea di puntare su stati a rischio come Spagna, Portogallo e Irlanda, e chiederebbero tassi di interesse più alti: le economie ne soffrirebbero e gli investitori ne sarebbero ancora più spaventati. Un circolo vizioso.

3. Lasciare l’euro
Se la Grecia avesse una propria moneta potrebbe svalutarla, rendendo i prodotti interni più invitanti per gli altri paesi e aumentando le esportazioni; una strada che con l’euro non è perseguibile. Ma lasciare l’euro avrebbe un contraccolpo sulle banche: nessuno vorrebbe trasformare i propri euro — una moneta stabile — in dracme svalutate. Nel breve periodo, una divisione dell’eurozona porterebbe probabilmente a una seconda crisi economica europea. Nel lungo periodo altre nazioni potrebbero seguire la Grecia, fino a limitare i paesi nell’euro a economie forti come Germania e Francia.