La battaglia di Ikea in Versilia
Amici e nemici di un nuovo grande centro commerciale si combattono tra Pisa e Viareggio
di Davide Guadagni
Ikea fa Ikea. Nel senso che procede razionalmente ad arredare il nostro paese. Si sa i nordici sono fatti così. Quando nel 1989 aprirono il loro primo punto vendita a Milano, avevano un piano, quello di procedere da Nord verso Sud compiendo dei balzi solo per coprire le grandi città per poi ricucire. Infatti il successivo fu a Torino e poi Brescia, Bologna, Genova, (salto) Roma, (ricucitura) Firenze, (salto) Napoli, (ricucitura) Padova, Ancona, (salto) Bari, (ricucitura) Parma, Rimini, Gorizia. Con integrazioni nelle grandi città.
Ma ora eccoli arrivati a Migliarino, frazione del comune di Vecchiano un paese di poco più di 10 mila anime nei pressi di Pisa. Luogo strategico, all’incrocio tra l’Aurelia e due autostrade, al centro di un bacino di quasi due milioni di abitanti. Sono arrivati lì quattro anni fa e lì sono ancora impantanati: nel senso più proprio. D’altra parte doveva succedere che, dopo aver impiantato 303 punti vendita in 37 paesi, qualcuno provasse a fermarli.
L’insediamento che viene proposto in prima istanza è gigantesco (il negozio Ikea ne è solo una parte) e apriti cielo. Hanno gioco facile i difensori dell’ambiente quando scoprono che l’oggetto ha una superficie superiore a quella del paese. Il sito poi – sottolineano – è a rischio idrogeologico: trascurando il fatto che poco lontano c’è già una zona industriale. Poi ci sono le associazioni dei commercianti che rassicurano gli iscritti: la zona confina con il parco naturale che è pieno di divieti e di vincoli, figurati te se ci fanno mettere Ikea.
Altri però pensano ai flussi di persone, ai posti di lavoro e all’indotto. La battaglia vede al centro il povero Comune di Vecchiano che si trova in mano il cerino della decisione, e che trema dalle pressioni che gli arrivano da ogni parte. Sembra un corteggiamento per cui quando Ikea insiste Vecchiano arretra, quando, invece, minaccia di rinunciare o si fanno avanti nuovi pretendenti (Livorno, Viareggio, Massa) Vecchiano avanza. Così facendo si bruciano, uno dopo l’altro, tre progetti. Comitati, associazioni, enti locali e partiti, schierati in un primo tempo nella formazione a testuggine tipica dei Nimby, presto si dividono e si collocano in ordine sparso promuovendo – pro o contro – referendum, esposti in procura, raccolte di firme.
Il Comune alla fine, sceglie di verificare la fattibilità affidandosi a consulenti. Le cifre, che ballano una rumba paolocontiana, a un certo punto paiono trovare un equilibrio: 36 mila metri quadri, 600 posti di lavoro. Le strade le facciamo noi, risponde poi Ikea a chi sostiene che la viabilità sia insufficiente. Dire di no diventa sempre più difficile. Non rimangono che le vie di fatto o le posizioni preconcette.
Le ultime in ordine di tempo sono le più divertenti. A Natale l’esondazione del Serchio, causata da un misterioso e a tutt’oggi inspiegato crollo dell’argine destro, allaga proprio le zone destinate all’insediamento, tanto da far circolare accuse che si tratti dell’ultimo disperato tentativo di un non meglio identificato ecoterrorismo per evitare il peggio. Una panzana, salvo ritenere che si possa evitare il peggio provocando una catastrofe.
Di questi giorni poi la presa di posizione di Legambiente locale che, improvvisamente, attacca ad alzo zero l’insediamento del colosso svedese: consuma il territorio, porta inquinamento e dà lavoro precario. Dopo la stupefatta risposta del portavoce di Ikea Italia, Valerio Di Bussolo, che cita dati sugli occupati stabili, sulla filiera e soprattutto sul proficuo rapporto di collaborazione con Legambiente nazionale, l’accusa rientra.
Ma mentre cittadini e operatori spazzano ancora il fango alluvionale, ci si prepara per le elezioni comunali del prossimo anno che, c’è da scommetterci, complicheranno ulteriormente la decisione.