Una specie di orso
Le due specie si sono evolute partendo da un antenato comune circa 150mila fa
Perché dagli incroci di alcune specie nascono esemplari in grado di avere figli mentre da altre la prole è sterile? La domanda è tornata di attualità negli ultimi giorni in seguito alla scoperta di un orso di seconda generazione frutto dell’incrocio tra un orso ibrido e un grizzly. L’esemplare è stato ritrovato nei Territori del Nord-Ovest, Canada, e dimostra che alcuni esemplari ibridi possono avere figli, a differenza dei cavalli e degli asini. Ma perché?
Perché hanno una maggiore ascendenza in comune. Quando le barriere geografiche – come l’innalzamento del livello del mare o il ritiro dei ghiacciai – separano le popolazioni, queste possono sviluppare: differenze genetiche, fisiologiche e comportamentali; il cambiamento nella struttura dei cromosomi; una diversa forma dei genitali; tempi e rituali di accoppiamento incompatibili – tutte condizioni che possono impedire la normale riproduzione. Prendete i cavalli e gli asini, per esempio, che iniziarono a differenziarsi probabilmente 2,4 milioni di anni or sono. I cavalli hanno 64 cromosomi, mentre gli asini ne hanno 62, e quando si accoppiano, i loro cromosomi non si combinano efficacemente, inibendo la possibilità di meiosi nella loro prole. Come risultato, i muli sono sterili.
Per gli orsi polari e gli orsi bruni la questione è diversa. Le due specie si sono evolute partendo da un antenato comune circa 150mila anni or sono, un periodo di tempo breve e tale da non consentire lo sviluppo di numerose e significative differenze genetiche. Le teorie maggiormente accreditate, racconta Slate, ipotizzano che l’orso polare abbia iniziato un cammino distinto da quello dell’orso bruno verso la fine dell’ultima era glaciale, il Pleistocene, quando numerosi esemplari decisero di seguire l’arretramento dei ghiacciai verso nord.
Con il passare delle generazioni, la popolazione giunta nell’area dell’artico perse la colorazione scura della pelliccia, conquistò un collo più lungo, spalle più strette e una testa più piccola. Nonostante le apparenze, però, orsi polari e grizzly hanno sostanzialmente il medesimo corredo genetico. Non a caso, in molti parchi naturali e zoo accade che le due specie si incrocino dando vita a una prole ibrida.
In natura gli incroci tra le due specie sono, invece, rari per un semplice motivo: difficilmente un orso polare incontra un grizzly nel periodo dell’accoppiamento. Gli orsi bruni vivono principalmente sulla terra ferma, dove cacciano e si procurano il cibo, mentre gli orsi polari trascorrono buona parte del loro tempo lungo le coste e in mare per cacciare. Inoltre, i grizzly si accoppiano tra i mesi di maggio e luglio, mentre gli orsi polari tra aprile e giugno.
Eppure, quattro anni fa, un cacciatore ha catturato un esemplare maschio ibrido grizzly-polare vicino a Banks Island (a ovest dell’Isola Victoria) a prova del fatto che almeno una coppia di orsi ha superato le proprie differenze. L’ibrido catturato lo scorso mese era figlio di un esemplare ibrido di sesso femminile e di un grizzly, cosa che ha portato il numero complessivo di orsi ibridi in natura fino a ora conosciuti a tre (compresi due orsi morti e la madre ibrida).
La scoperta non è banale e potrebbe fornire alcuni spunti importanti per le ricerche sull’effetto del surriscaldamento globale sulla fauna dell’artico. Secondo alcuni ricercatori, il global warming potrebbe portare all’ibridazione di numerose specie artiche. Man mano che i ghiacci dell’artico si sciolgono, specie tra loro molto vicine nel Pacifico del Nord e nell’Atlantico del Nord potranno venire in contatto dando vita a generazioni ibride. Gli orsi polari potrebbero così abbandonare i ghiacci per la terraferma, dando vita a nuove generazioni insieme ai grizzly.
Questa teoria è però controversa e ha molti detrattori. Chi la contesta sostiene che i cambiamenti climatici attualmente non sono tali da far ipotizzare un aumento delle probabilità di accoppiamento interspecie. Orsi bruni e polari resteranno separati in casa, una grande casa.