Il paese che esporta terroristi
Il settanta per cento degli attentati degli ultimi dieci anni può essere ricondotto al Pakistan. Perché?
Di indizi ce n’erano parecchi, ora le parole del ministro della giustizia statunitense Eric Holder lo rendono ufficiale: il gruppo dei talebani pakistani sarebbe “strettamente coinvolto” nel tentato attentato a Times Square della settimana scorsa. Le prime ipotesi sul coinvolgimento del gruppo terrorista pakistano risalgono alle ore immediatamente successive al ritrovamento dell’autobomba, anche a causa di una rivendicazione apparsa su internet. Poi col passare dei giorni sono arrivati diversi elementi in più, primo fra tutti l’addestramento ricevuto da Shahzad Faisal nella regione del Waziristan. La presenza di gruppi terroristi in Pakistan non è certo una novità, e il direttore di Newsweek International Fareed Zakaria vi dedica il suo editoriale di questa settimana.
Il governo britannico ha calcolato che il settanta per cento degli attentati terroristici degli ultimi dieci anni può essere ricondotto al Pakistan. Dall’Egitto alla Giordania, dalla Malesia all’Indonesia, i gruppi islamici radicali sono stati indeboliti militarmente e hanno perso buona parte del sostegno di cui godevano politicamente. Perché la stessa cosa non accade in Pakistan? La risposta è semplice: fin dalla sua nascita i governi pakistani hanno sostenuto e incoraggiato i gruppi jihadisti, creando un ambiente che ha permesso loro di prosperare. Per un aspirante terrorista in cerca di aiuto, il Pakistan è un supermarket. Ci sono dozzine di organizzazioni jihadiste, e nessuna di queste ha alcuna difficoltà nel reperire armi e denaro.
Negli ultimi mesi il governo sta tentando di fare qualcosa per ridimensionare la situazione, ma le ambiguità del Pakistan rimangono. I generali dell’esercito, per esempio, operano una netta distinzione tra i terroristi che minacciano il suolo pakistano – che vengono combattuti e stanati – e i terroristi che minacciano la popolazione straniera – afgani, indiani, occidentali – che sono lasciati liberi di organizzarsi e agire come credono. Il giornalista pakistano Ahmed Rashid ha documentato l’influenza che il governo del Pakistan continua a esercitare tra i talebani afgani, e come questa rappresenti una leva importante nei rapporti con il governo di Kabul.
Prendiamo l’area tribale dove Faisal Shahzad è stato addestrato, il Waziristan del nord. L’anno scorso l’esercito pakistano combatteva nel Waziristan del sud, allo scopo di colpire e disarmare alcuni gruppi che avevano progettato attentati sul suolo pakistano. Nonostante le pressioni degli Stati Uniti e della Nato, però, i vertici dell’esercito pakistano decisero di non proseguire le operazioni nel Waziristan del nord. Per quanto possano dirsi preoccupati della situazione in quella zona, trovano sempre una ragione per non andarci.
Finché il governo pakistano non scioglierà quest’ambiguità, è lecito aspettarsi un incremento delle minacce terroriste provenienti dal Pakistan.
Negli ultimi quarant’anni, il terrorismo islamico ha avuto due roccaforti: l’Arabia Saudita e il Pakistan. Entrambi questi paesi sono stati fondati su un islamismo radicale e ideologico, e nel corso degli anni i loro governi hanno cercato legittimazione rafforzando la loro ideologia religiosa, rendendo i loro stati il paradiso dei militanti, dei fondamentalisti e dei jihadisti. Questa tendenza si sta lentamente invertendo in Arabia Saudita, principalmente perché Re Abdullah sta dimostrando di essere un monarca assoluto più illuminato dei suoi predecessori. Per il Pakistan le cose potrebbero essere molto più complicate.