Il massacro della Guyana diventa meta turistica
Il 18 novembre 1978 più di novecento persone si suicidarono in massa seguendo gli ordini del loro leader Jim Jones
Nella notte del 18 novembre 1978, a Jonestown, in Guyana, 918 persone si uccisero bevendo un cocktail al cianuro. L’esperienza comunitaria del Tempio del Popolo, fondata dal reverendo Jim Jones, si concludeva con il più grande suicidio di massa della storia moderna.
Il New York Times è andato a vedere le poche tracce che restano di quel massacro: l’insegna all’ingresso della comune, “Welcome to the People’s Temple Agricultural Project“, qualche edificio e qualche trattore abbandonato. Ma dall’anno scorso qualcuno ha messo una targhetta, “In memoria delle vittime della tragedia di Jonestown, 18 novembre 1978, Jonestown, Guyana”. Un primo indizio di quella che potrebbe diventare una vera e propria strategia di marketing per trasformare quel che resta di Jonestown in un’attrazione turistica.
Nonostante la crescita economica degli ultimi anni, spiega il New York Times, la Repubblica di Guyana sta ancora soffrendo gli effetti dell’isolazionismo che nel 1977 la rese il luogo ideale per l’utopia comunitaria di Mr. Jones. Per questo a qualcuno sarebbe venuta l’idea di puntare sul turismo dark. Un americano avrebbe addirittura presentato un piano d’investimento che prevede la costruzione di un museo, un ristorante, un bar, un negozio di souvenir e un quartiere residenziale per gli addetti ai lavori.
Il Primo Ministro della Repubblica di Guyana, Samuel Hinds, ha detto che l’idea di puntare sul turismo potrebbe essere praticabile: “c’è chi teme una celebrazione, ma alla fine probabilmente si tratterebbe solo di una ricostruzione con delle fotografie”, ha detto al New York Times.
E mentre molti avvertono che un’operazione turistica in quel luogo sarebbe vergognosa nei confronti delle vittime, in Guyana sono già pronti a partire. Gerald Gouveia, 54 anni, vorrebbe portare i turisti a sorvolare Jonestown con i suoi piccoli aeroplani. Al tempo di Jones faceva il pilota e più volte aveva trasportato i membri della comunità da Jonestown alla vicina Port Kaituma. “Erano grandi lavoratori e grandi idealisti che volevano vivere in una comunità libera dall’incubo della distruzione nucleare, ma il loro sogno fu distorto quando iniziarono a venerare il loro leader come un dio”.