La scuola quadri della Lega
"Lo scopo di questi appuntamenti è spiegare ai militanti la riforma del federalismo fiscale"
A mezzanotte la vicina del piano di sopra non ne può più. Il 22 aprile 2010 il secondo appuntamento “federalista” organizzato dalla sezione Milano ovest della Lega nord si chiude con qualche sonoro pugno sul portone di ferro della sede. I partecipanti, circa un centinaio, vogliono continuare. Ma il moderatore li manda a casa.
Internazionale di questa settimana pubblica la traduzione dell’articolo di Philippe Ridet di le Monde di cui si era parlato in rete nei giorni scorsi, dedicato all’iniziativa della Lega Nord italiana di creare una propria scuola di formazione per dirigenti politici. Ridet è andato a uno degli appuntamenti.
I partecipanti prendono appunti davanti a tre oratori: l’eurodeputato Francesco Speroni, Fabio Ronchi, che si è laureato in scienze politiche con una tesi sulla Lega, e Stefano Bruno Galli, un “intellettuale organico” del partito. Lo scopo di questi appuntamenti è spiegare ai militanti la riforma del federalismo fiscale e radicare il partito in una tradizione storica che va da Alberto da Giussano, che nel dodicesimo secolo guidò la rivolta dei lombardi contro Federico I Barbarossa, a Umberto Bossi. “L’arrivo di nuovi simpatizzanti, anche da regioni a sud del Po, rende necessario questo approccio”, spiega Trevisan.
Secondo Ridet, il modello è quello delle “scuole quadri” del Partito Comunista.
Dopo gli ottimi risultati ottenuti alle elezioni regionali, la Lega vuole codificare la ricetta del suo successo, puntando su una forte presenza sul territorio e sulla formazione dei quadri, come faceva il Partito comunista italiano. Donato Trevisan è l’ideatore dei corsi serali a Milano: “Dobbiamo spiegare alla base del partito che il federalismo è parte integrante della nostra storia. Le persone presenti questa sera sono come dei missionari: sono incaricati di riferire agli altri militanti quello è stato detto”