Uno spettro si aggira per l’Europa, sul serio
Col capitolo Grecia ancora aperto, si discute di chi sarà la prossima nazione a rischiare la bancarotta
L’annuncio ufficiale deve ancora arrivare, ma sembra si sia trovato un accordo sul prestito da dare alla Grecia: il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione europea si sarebbero impegnati e versare una cifra compresa tra i cento e i centoventi miliardi di euro, a fronte di un programma di politiche economiche particolarmente rigide, volte a risanare i conti del paese e scongiurare il rischio di una vera e propria bancarotta. Col capitolo Grecia ancora aperto, però, in giro per l’Europa si discute già di quale sarà il prossimo stato a barcollare, dando per scontato – e su questo trovandosi tutti d’accordo – che qualcuno certamente barcollerà. Sul chi, invece, ognuno dice la sua – e ce n’è per tutti.
Del Portogallo si già parlato, e l’Economist non fa mistero di considerare la sua posizione piuttosto delicata. Simon Johnson sull’Huffington Post pone la stessa questione, e avverte sui rischi di un nuovo salvataggio a opera della comunità internazionale:
Di certo l’eurozona salverà pure il Portogallo, ma poi riuscirà a fermarsi? Andando al capezzale della Grecia ponendo ben poche condizioni le nazioni europee più forti hanno fatto capire a quelle più deboli che tutti possono avere il loro salvataggio. Questo ridurrebbe di molto le possibilità di riuscita dei tentativi di riforma economica più incisivi.
Su Alphaville – un blog del Financial Times – il timore coinvolge la Gran Bretagna, mentre CNBC punta il dito sull’Italia.
L’Italia finora ha affrontato la crisi economica meglio di molti altri suoi partner, ma la sua gigantesca montagna di debito e della sua crescita molto debole la mettono a rischio di una crisi simile a quella greca. La terza economia dell’eurozona è stata per dieci anni l’anello debole del gruppo, a causa della sua scarsa produttività e competitività, e anche se la situazione non appare a rischio nel breve termine, gli analisti avvertono che senza profonde riforme strutturali sarà molto difficile invertire l’attuale tendenza.
Della Spagna si è discusso a lungo: le agenzie di rating hanno abbassato il suo punteggio praticamente insieme a quello greco, e il governo spagnolo è stato costretto a correre ai ripari rassicurando la popolazione e gli investitori. Se i timori sull’Irlanda, poi, non fanno più notizia, qualche rumore in più è causato dalla situazione in Francia, tutt’altro che tranquilla. Business Insider è piuttosto perentorio.
Il fatto che la Francia sia al sesto posto nel mondo per rischio di credito dei suoi titoli (dopo l’Irlanda, la Grecia, il Portogallo, l’Italia e il Regno Unito) non è affatto un buon segno. Si prevede che il debito pubblico francese schizzi all’83 per cento del prodotto interno lordo soltanto nei prossimi due anni, e questo avrebbe l’effetto di costringere il presidente Sarkozy a cambiare radicalmente la propria agenda economica.
Per anni il tracollo dell’Argentina degli anni Novanta ha rappresentato nell’immaginario collettivo e nazionale la minaccia di una bancarotta: gli sportelli delle banche presi d’assalto, la svalutazione della moneta a livelli astronomici, gli scaffali dei supermercati completamente vuoti. Tutto incredibilmente vero ma forse anche incredibilmente lontano, al punto da non riuscire a immedesimarsi fino in fondo, al punto di considerarla una di quelle cose che possono capitare solo gli altri. L’attuale crisi finanziaria ha ridisegnato completamente anche quell’abitudine mentale, fornendo settimana dopo settimana un nuovo orizzonte per le preoccupazioni dei governi di mezzo mondo. Al punto che mezza Europa – e pure gli Stati Uniti, qualche tempo fa – si chiede chi sarà il prossimo a dichiarare bancarotta, e tutti trovano dozzine di buone ragioni per considerarsi a rischio.