L’importanza di non essere la Grecia
Il governo Sócrates ha fatto molto per risanare i conti pubblici e tagliare la spesa
Gli occhi di tutta l’Europa sono puntati sulla Grecia, ma c’è un altro paese il cui rating è stato ieri rivisto al ribasso da Standard&Poor’s: il Portogallo. La reazione del governo portoghese alle preoccupazioni dei mercati è stata immediata e si è concentrata sul tentativo di far passare un messaggio molto semplice: state tranquilli, il Portogallo non è la Grecia.
L’Economist spiega che il premier portoghese Sócrates può vantare in effetti numeri e risultati significativamente migliori di quelli greci. Il suo debito pubblico equivale al 85 per cento del suo prodotto interno lordo, mentre quello greco è al 124 per cento. La politica portoghese ha già saputo reagire in passato a momenti di grave difficoltà economica, dimostrando di essere in grado di fare dei sacrifici e prendersi delle responsabilità allo scopo di mettere in ordine i conti. Lo stesso governo Sócrates ha lavorato molto su questo fronte, legando l’età pensionabile all’aspettativa di vita e tagliando notevolmente la spesa pubblica.
Ma se il Portogallo è messo così meglio della Grecia, perché i mercati e le agenzie di rating continuano a penalizzarlo e mettere tutti in guardia sulla sua situazione?
La risposta è che il più grande problema del Portogallo non ha a che fare con le tasse. Ha a che fare con la crescita – anzi, con la mancanza di crescita. La crescita reale del Pil negli ultimi dieci anni è stata la più bassa tra i paesi dell’euro; nello stesso periodo il suo principale partner commerciale, la Spagna, andava a tutto gas. La bassa crescita riflette un tasso disastroso di competitività.
Sintentizzando, sì, il Portogallo non è la Grecia. Ma la scarsa crescita, la perdità di competitività e il debito (pubblico e privato) rappresentano debolezze tali che se i mercati volessero metterlo alla prova, i vantaggi di non essere la Grecia potrebbero sparire.