Okinawa e la base americana della discordia
Centomila abitanti dell'isola si sono riuniti per richiedere la rimozione della base USA
Una base militare americana a Okinawa potrebbe costare il posto al primo ministro del Giappone, almeno a giudicare dal crollo dei consensi degli ultimi sondaggi. Due giapponesi su tre non approvano la linea troppo cauta del premier Yukio Hatoyama, che nel corso dell’ultima campagna elettorale aveva promesso lo smantellamento del complesso. La base statunitense occupa il 15% circa del territorio e sottrae spazio per la costruzione di nuovi edifici e infrastrutture.
Stando ai risultati di un sondaggio condotto dalla testata Nikkei, quasi il 60% degli intervistati ritiene che Hatoyama dovrebbe dimettersi qualora la base rimanesse operativa sull’isola. Oltre centomila persone hanno partecipato nella giornata di ieri a una manifestazione per chiedere la rimozione delle strutture militari USA da Okinawa.
Nel 2006, il governo giapponese e quello statunitense trovarono un accordo per spostare la base in un’area rurale distante dalla città di Ginowan dove si trova tuttora. Gli abitanti dell’isola non sono felici della condotta dei militari statunitensi, accusati di aver complicato la vita in alcune aree del territorio producendo rumore e inquinamento. Durante le libere uscite, dicono gli isolani, i soldati sono spesso ubriachi e ci sono state accuse di violenze.
Gli abitanti, galvanizzati dalla campagna contro gli USA portata avanti prima del voto, hanno espresso le loro preferenze per Hatoyama. Ma da primo ministro, Hatoyama non è riuscito a mantenere la promessa.
Per prendere tempo e trovare una valida mediazione, il governo giapponese ha dichiarato di voler cercare nuove alternative per la spinosa vicenda. Al gruppo di lavoro da poco costituito partecipano sia funzionari giapponesi che statunitensi, ma gli annunci di Hatoyama avevano raffreddato i rapporti con gli USA. Secondo gli osservatori, il primo ministro si è dimostrato poco cauto in campagna elettorale nel formulare una promessa che difficilmente avrebbe potuto mantenere:
Quando un politico sceglie un argomento populistico, deve saperlo gestire in maniera populistica, per far piacere a tutto il popolo giapponese. Hatoyama ha fallito su tutta la linea come politico giapponese e come leader di questo paese nel gestire questo problema. Quella che poteva essere una questione locale all’interno di Okinawa è ora diventata un referendum sullo stesso Hatoyama e, sfortunatamente, sullo stato dei rapporti tra Stati Uniti e Giappone.
Gli abitanti di Okinawa non demordono e presto faranno arrivare le loro proteste al governo degli Stati Uniti. Una prima mossa prevede la pubblicazione di una pagina pubblicitaria sul Washington Post con un chiaro messaggio: «Voi le vorreste 30 basi militari nel vostro cortile? Ditelo all’amministrazione Obama: non abbiamo bisogno della base a Okinawa».
Durante la Seconda guerra mondiale, l’isola fu il teatro del più grande assalto anfibio che interessò l’area del Pacifico. Denominata “Operazione Iceberg”, l’iniziativa bellica ebbe luogo tra i mesi di marzo e giugno del 1945 e vide contrapposte le forze degli Alleati e quelle dell’Impero giapponese. La battaglia navale e lo scontro terrestre portarono alla vittoria degli Alleati, ma causarono la morte e il ferimento di decine di soldati americani, mentre i giapponesi contarono circa 66mila morti tra le fila dei combattenti. Il confronto colpì anche la popolazione locale: si stima che un terzo degli abitanti dell’isola perì nella primavera del 1945. Gli americani hanno mantenuto il controllo dell’isola fino al 1972 e, di concerto con le autorità giapponesi, decisero successivamente di mantenere la base militare ora oggetto delle proteste degli isolani.