Thailandia nel caos: il punto della situazione
I manifestanti non si arrendono dopo il no alle elezioni anticipate entro 30 giorni
A distanza di una ventina di giorni dai primi scontri, la protesta delle camicie rosse in Thailandia prosegue. Il governo ha rifiutato di accogliere la richiesta dei manifestanti di andare ad elezioni anticipate, aumentando così il malcontento per le strade di Bangkok dove si è sviluppata la maggior parte della rivolta. Il rifiuto del governo ha indotto i leader della protesta a minacciare nuove azioni più incisive che potrebbero portare a nuove violenze.
Le esplosioni di alcune granate, collocate secondo il governo dalle camicie rosse nel quartiere finanziario, hanno causato la morte di una persona e il ferimento di altre 88. Negli scontri con la polizia sono invece rimaste uccise 25 persone, mentre il bilancio dei feriti ha superato quota 800.
Abhisit Vejjajiva, il primo ministro thailandese, è comparso in televisione subito dopo la rottura delle trattative con le camicie rosse e ha invitato i manifestanti che contestano la sua leadership a trovare una soluzione pacifica. Vejjajiva ha ammesso di aver sottovalutato le dimensioni della protesta, ma non ha fornito alcun dettaglio sulle prossime decisioni che il governo assumerà per risolvere senza ulteriori violenze il confronto con gli oppositori.
Le camicie rosse sono contrarie alla leadership di Abhisit Vejjajiva, divenuto primo ministro del paese asiatico nel 2006 con un colpo di stato accettato pacificamente dalla monarchia locale. I manifestanti reputano l’attuale governo illegittimo e si battono per il ritorno dell’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, politico alla guida della Thailandia tra il 2001 e il 2006 e ancora un importante punto di riferimento per la politica del paese.
Constatata la fermezza dei manifestanti, numerosi esponenti politici della coalizione che sostiene Abhisit Vejjajiva e i reali thailandesi stanno facendo pressioni nei confronti del governo per accogliere le istanze delle camicie rosse. Il primo ministro ha escluso la possibilità di elezioni anticipate entro 30 giorni, come richiesto da chi protesta, e si è invece dimostrato disponibile per sciogliere il parlamento e andare al voto a dicembre anticipando di un anno la fine del suo mandato.
Nel corso delle ultime settimane, le camicie rosse si sono organizzate non solo nella capitale, ma anche nelle zone rurali del paese. Alcune centinaia di manifestanti hanno collocato delle barricate su una importante arteria stradale a circa 480 km da Bangkok. La mossa ha impedito il passaggio a un convoglio di 150 poliziotti, in viaggio verso la capitale per contenere la protesta. Gli agenti hanno cercato invano un accordo per poter passare, dimostrando quanto sia debole il controllo del territorio da parte governativa.
I disordini a Bangkok e nelle aree rurali stanno intanto mettendo a dura prova il turismo, una delle principali risorse economiche per la Thailandia. Gli hotel sono al 20% delle presenze, un dato molto distante dall’80% registrato nel mese di febbraio prima che iniziassero le proteste. Per precauzione, alcuni alberghi appartenenti alle catene internazionali hanno deciso di sospendere le loro attività in attesa di poter garantire maggiore sicurezza ai loro clienti.
Sempre nel suo messaggio televisivo, il primo ministro ha ventilato la possibilità di rivedere le proiezioni di crescita economica della Thailandia per il 2010. Secondo gli esperti, una revisione sarà probabilmente inevitabile e Abhisit Vejjajiva potrebbe utilizzare questa minaccia per sottrarre il sostegno di parte dell’opinione pubblica nei confronti delle camicie rosse.