“Questo paese ha ancora senso?”
Dopo l'ennesima crisi di governo, Le Soir si chiede lapidario: "Questo paese ha ancora senso?"
Tre crisi di governo in cinque anni, lo scontro tra fiamminghi e valloni che diventa ogni giorno più serrato, un’economia devastata dalla crisi, un lungo periodo di vacanza del potere politico. Abbastanza da spingere il quotidiano belga Le Soir a chiedersi se non sia il caso di considerare il Belgio un esperimento fallito (traduzione di Presseurop).
Tre anni fa avevamo assistito sbigottiti allo storico voto che aveva opposto fiamminghi e francofoni sulla scissione della Bhv. Quel giorno è morta una certa idea di Belgio. Ieri i cittadini, altrettanto sbigottiti, hanno preso atto del fatto che il loro paese, precipitato in un caos indescrivibile e incomprensibile, appare non governato e ingovernabile. Una domanda sorge spontanea dopo questi mesi di negoziati senza fine, di invettive verbali, di vere e proprie liti comunitarie: il Belgio può sopravvivere così com’è? […] Ha ancora senso che esista questo paese? Noi lo crediamo ancora, sempre. Ma questa opinione vale ben poco, a meno che non sia condivisa da un numero sufficientemente di persone disposte a credere in questa idea, a lavorarci, a farla esistere. Se questa crisi persisterà, vorrà dire che questa volontà non c’è più. Ed è proprio questa l’impressione.
L’analisi di Paul Ames sul Global Post riprende lo stesso tema e racconta di un paese che nei fatti è già diviso.
Le due comunità sono di fatto divise da molto tempo. Votano per politici diversi, frequentano scuole diverse in cui vengono insegnate due storie diverse. Ogni fazione non legge i giornali e i libri dell’altra fazione, non guarda gli stessi film e gli stessi programmi televisivi. In Belgio si scherza spesso sul fatto che l’unica cosa che fiamminghi e valloni hanno in comune è la passione per la birra e il tifo per la nazionale. I politici delle due fazioni lavorano insieme solo perché sono obbligati a farlo, e quindi nonostante negli ultimi anni molti poteri siano stati ceduti alle regioni, il governo è sempre ostaggio di coalizioni variegate e composte da gruppi locali che non si tollerano l’un altro.
L’ultima crisi di governo è arrivata quando i fiamminghi del partito Open VLD hanno ritirato l’appoggio al governo del democristiano francofono Yves Leterme, al termine dell’ennesima polemica sul caso BHV, una questione di confini delle circoscrizioni elettorali tra francofoni e fiamminghi. Il tutto in una situazione economica sull’orlo del collasso, col tasso di disoccupazione sui livelli più alti degli ultimi vent’anni e i conti pubblici drammaticamente in rosso. Come se tutto questo non bastasse, da luglio il Belgio assumerà per sei mesi la presidenza di turno dell’Unione europea. Qualsiasi cosa vorranno fare della loro nazione, faranno bene a deciderlo entro quella data.