Fateci sapere
La Russa contro Brunetta: "Non c'è stato niente di divertente"
Domani Fini va da Lucia Annunziata: e prepariamoci a un pomeriggio di virgolettati, dovesse anche star zitto per tutta la mezz’ora. Poi Floris dovrebbe portarselo a Ballarò, dopo aver fallito martedì scorso. Ma il problema è come passare questo lungo e pigro sabato, dopo il friccico dei giorni scorsi.
I giornali del centrodestra scalpitano indifferenti al down da dopofesta (e quando non scalpitano?). Il Giornale titola “Voglia di elezioni” e ospita in prima pagina una severa foto di La Russa. La sua intervista è titolata come farebbe un rotocalco di gossip: “La Russa: «Tutta la verità su Gianfranco». L’intervista si apre con la promessa di vendere il SUV che gli ha regalato Berlusconi, e uno capisce già che di grandi scoop non è giornata. Più avanti La Russa dice che è stato uno sbaglio per Fini fare il Presidente della Camera e il PdL avrebbe dovuto dissuaderlo: “ti colloca in una posizione che favorisce il contrasto”. Non si capisce perché e l’unica interpretazione è che voglia dire che poi gli altri sono gelosi. La Russa dà degli “intellettuali elitari” a quelli di Fare Futuro e si dissocia da Brunetta che ha trovato lo scontro di giovedì “molto divertente”: “Per me non c’è stato niente di divertente”. Sulle elezioni anticipate si chiude stancamente l’intervista: La Russa sceglie di chiamarla “un’eventualità”.
Ancora del Giornale vale la pena di segnalare il titolo che rivaluta il pubblico scazzo Berlusconi-Fini: “Una lezione di democrazia”. Poi ci sono pagine e pagine di abbattimento di Fini, e persino un pezzo contro il suo “stile” nel senso di come si veste: “Qualcuno rivesta la terza carica dello Stato”. (Erroneamente letto da noi del Post “Qualcuno investa”, alle volte l’abitudine).
Libero: “La vendetta di Silvio“, e un pezzo di Belpietro in memoria: “Io Gianfranco lo conoscevo bene”, in cui tra l’altro l’ex direttore del Giornale ricorda di aver capito che Fini non era più quello di un tempo quando cominciò a farsi intervistare dal Corriere piuttosto che dal giornale di Belpietro, ingrato. A pagina otto i titoli avvisano Bocchino (“il capretto espiatorio”), Urso e Ronchi che pagheranno care le loro insubordinazioni. E dagliele all’uno, dagliele all’altro, con i finiani Libero arriva fino a pagina dodici.
Bocchino “è in bilico” anche per l’Unità, che affronta la questione di che stia facendo il PD. La pagina su Bersani a Genova si apre infatti riportando la frase “Ci dicano se sono in grado di governare”, ma poi sottolinea che a quella intimazione non è seguito nessun “altrimenti”. Se dicessero che non sono in grado, il PD che progetti ha?
Lo spiega Zingaretti, intervistato dal Corriere? Mah. “Ricostruire l’Italia per chi merita”, “Rioccupare uno spazio politico con forme radicali”, “un percorso per la conferenza programmatica”, sono le risposte su che intenzioni abbia il PD. Zingaretti piuttosto insiste sull’efficacia presso gli elettori del centrodestra dello scontro di giovedì: non pensiate che se ne scandalizzino, anzi.
Ma non ci sono altre tracce del PD sui quotidiani, salvo che sul Riformista: dove parla Follini, contrario a votare ora, mentre Di Pietro suggerisce di cominciare a scaldarsi e “trovare un candidato”.
Il Riformista ha anche una sua esclusiva interpretazione delle tensioni politiche nel PdL. Berlusconi sarebbe geloso dell'”amicizia” tra Bocchino e la Carfagna. C’è un articolo che lo sostiene a pagina tre.
Poco illuminanti anche le risposte di Giulia Bongiorno, una pagina di intervista sul Corriere, anche se più sul punto. Niente di nuovo, fedeltà a Fini ma il suo parere è che non ci saranno né scissione né elezioni. Anche se “dopo la direzione nulla sarà più come prima”.
“Sarà tutto meno scontato” lo dice anche Flavia Perina a Repubblica, dove l’intervistatore incalza per avere una risposta chiara ed evidentemente desiderata:
Onorevole Perina, cosa deve succedere perché vi sentiate alla porta, qual è il punto di rottura?
Non saprei, dirlo, adesso. E poi, non abbiamo alcuna intenzione di rompere.
Rumore di delusione in redazione e in mezza Italia (un po’ meno di mezza).
Al Foglio parlano con Alessandro Campi, direttore scientifico di Fare Futuro:
Non capisco perché nel partito repubblicano statunitense i cristiano-conservatori possono convivere con gli anarco-libertari e nel Pdl i berlusconiani faticano ad accettare la minoranza finiana per quello che è.
Fini adesso è chiamato a smentire l’accusa di saper fare solo il controcanto, il che lo espone al giudizio politico di chi sta aspettando che passi dalla distinzione di stile rispetto a Berlusconi alla distinzione progettuale rispetto al berlusconismo
Il Secolo è l’unico quotidiano che non soffia sul fuoco, anzi spiega che dopo l’intervista alla Padania “Bossi frena”. Mai tenuto d’occhio come in questi ultimi giorni, da ieri il Secolo ha lasciato il ruolo di casinari alla Padania e oggi torna con ben due articoli sulla questione del numero dei votanti la mozione finale di giovedì, sollevata ieri sul Post da Flavia Perina.
Ha un bel dire l’ufficio stampa del Pdl che ci sono stati 158 voti a favore del documento finale, ma tante mani alzate nessuno le ha viste. Tantoché giovedì, mentre Verdini aveva cominciato a contarle («Uno, due…»), un brusco movimento al tavolo della presidenza lo ha interrotto: «Non c’è bisogno, non c’è bisogno». Giù le tessere, «ora voti chi è contro». Se la prima conta fosse proseguita si sarebbe arrivati a quarantacinque, forse cinquanta, non di più. Un parlamentare di formazione Dc, che di congressi veri ne ha visti tanti e ha “il colpo d’occhio”, giura sulla prima cifra.