Fuoco e scienza si scontrano in Venezuela
La tribù sudamericana dei Pemón dà fuoco agli alberi della Gran Sabana da secoli
“La gente che arriva da fuori pensa che siamo dei selvaggi primitivi, ma non sanno nulla dei nostri metodi”, dice Leonardo Criollo, il leader Pemón del villaggio di Yunék. Si riferisce alla secolare abitudine dei Pemón di appiccare piccoli incendi nei loro territori della savana, per far crescere meglio il cibo, per cacciare e comunicare. Il New York Times pubblica la notizia della discussione sempre più insistente tra scienziati e studiosi che si dividono tra chi difende la conoscenza Pemón dei meccanismi della natura, e chi li attacca, trovando sconsiderati e dannosi i loro incendi.
I Pemón vivono tra le tepui, strane montagne a cima alta che si trova solo nell’altopiano della Guayana in Venezuela, nella Gran Sabana, una regione grande più o meno come l’Irlanda. Tepui, in linguaggio Pemón significa Casa degli dei. La loro popolazione si attesta sui venticinquemila individui. Il loro primo incontro con gli occidentali è avvenuto nel diciottesimo secolo, quando i missionari cercarono di convertirli al cristianesimo. Dopo i missionari arrivarono i ricercatori scientifici, e dopo i ricercatori scientifici arrivarono i funzionari venezuelani, nel 1970, a costruire la prima strada della zona. Da quella prima colata di asfalto l’ambiente è cambiato molto: sono arrivati i camion, lungo l’autostrada, a trasportare beni di consumo; sono arrivati i contrabbandieri con la benzina di contrabbando; è arrivato l’esercito, che aumenta sempre di più la propria presenza, con una base di monitoraggio a Luepa.
Spesso gli incendi aiutano l’equilibrio dell’ecosistema delle foreste; non è un caso che esistano incendi naturali. L’obiezione di diversi scienziati è circoscritta in particolare al duro periodo di siccità che il Venezuela sta vivendo, che metterebbe in crisi l’arginamento degli incendi a causa delle pochissime precipitazioni. Alcuni studiosi temono la deforestazione, allo stesso modo del governo di Hugo Chavez, che sta già fronteggiando seri problemi di fornitura di elettricità nel paese: la diminuzione degli alberi che aiutano a raccogliere e distribuire acqua metterebbe ancor più in crisi il sistema idroelettrico del Venezuela.
I Pemón vivono nella Gran Sabana da secoli, e reclamano la loro conoscenza viscerale con la natura con hanno intorno. “Perché dovrei cambiare un metodo che ha funzionato per generazione?, si chiede Antonio Garcia, un cacciatore Pemón. Gli studiosi si dividono: Bjorn Sletto, scienziato dell’università del Texas che ha studiato a lungo i Pemón e i loro incendi, difende l’abitudine del popolo, spiegando che gli incendi sono ecologicamente compatibili con l’ambiente. Non è d’accordo Nelda Dezzeo, biologa, che teme che la savana potrebbe non riuscire più a riprendersi dai continui incendi.
Da un punto di vista scientifico non si è ancora arrivati a una risposta univoca, ma su come la storia andrà a finire i Pemón non hanno dubbi: “Il governo sbaglia se pensa che noi siamo delle pecore docili nella savana”, dice Demetrio Gomez, uno dei leader Pemón che ha preso parte alla protesta violenta per respingere l’occupazione del suo territorio. “Abbiamo dato fuoco a queste terre per molto tempo prima che qualcun altro arrivasse. E continueremo a farlo fino all’eternità.”