Le prospettive dell’India
Il commento dell'India Editor del Financial Times Online sulla manifestazione di ieri a Delhi
di James Fontanella-Khan per il Post
L’India è uscita dalla crisi mondiale bene. Più forte di prima secondo molti. Da marzo del 2009 la liquidità scomparsa durante la crisi è tornata. Questa iniezione di fiducia e il ritorno del soldo nelle tasche degli indiani ha aiutato molto a rilanciare l’economia del paese. Mentre gli Stati Uniti e gran parte dell’Europa faticavano ad uscire dalla recessione, a Mumbai i mercati finanziari – la borsa – sono tornati a schizzare in alto. I consumi sono tornati a livelli pre-crisi.
Allora, nel marzo del 2009, l’inflazione era scesa a minimi storici come nel resto del mondo, e non era una preoccupazione dei policymaker indiani. Le misure economiche prese dal governo di centro-sinistra guidato dal Congresso di Sonia Gandhi sembravano aver dato i loro frutti.
Contenti della rilancio economico, gli esperti erano al corrente del fatto che prima o poi l’ingente somma di liquidità iniettata nel mercato avrebbe portato a delle pressioni fiscali e d’inflazione spiacevoli. Ora quel momento è arrivato e le proteste di oggi – sponsorizzate dall’opposizione a Delhi – sono solo il preludio a maggiori agitazioni.
L’inflazione è ora attorno al 10 per cento, ma i prezzi del cibo sono saliti fino al 20 per cento.
“Food inflation is an issue” – l’inflazione sugli alimenti è un problema – così dicono le signore che fanno la spesa al mercato di Colaba, la zona sud di Mumbai.
Se è vero che l’India non è stata colpita molto dalla crisi economica globale, è anche vero che le mancate piogge stagionali dell’estate scorsa hanno rischiato di mettere in ginocchio gran parte del paese.
Nelle zone rurali, dove vive oltre il 60 per cento del miliardo e duecento di abitanti indiani, la siccità ha devastato i raccolti di molti uomini e donne che vivono quasi esclusivamente di ciò che coltivano. Zero piogge vuol dire zero cibo.
Nelle zone urbane, il problema non è minore. Solo a Mumbai le riserve d’acqua stanno scendendo sotto il limite di sicurezza. A casa mia e nel mio ufficio l’acqua è razionata: solo mattina e sera.
Il governo – come sempre – sta dando un sostegno non indifferente alle alle zone rurali. Quasi 20 miliardi di dollari sono stati sborsati in forma di sussidi al settore agricolo e alle zone colpite dalla siccità. Il sostegno pubblico – a sua volta – non sempre basta. Se i prezzi di prodotti alimentari come patate, riso e grano salgono del 20 per cento, non ci sono santi che tengano, qui si scende in piazza. La popolazione indiana è una delle più “price sensitive” al mondo.
Martedì la banca centrale indiana – la Reserve Bank of India – ha alzato i tassi d’interesse per la seconda volta quest’anno di 0.25 punti percentuali. La mossa indica che l’economia indiana – che è cresciuta quasi del 8 percento l’anno scorso – è in piena ripresa e che alleviare la pressione sui prezzi dei beni alimentari è l’obbiettivo principale.
Tutto questo basterà?
Secondo molti economisti no. Dico che alzare i tassi di 0.25 punti percentuali non aiuterà a tenere l’inflazione sotto controllo. Molti si aspettano che i tassi verranno alzati ulteriormente. Allo stesso tempo, se così fosse, potrebbero rallentare la ripresa economica e la crescita del paese.
La manovra economica di questo paese rimane delicata. Da un lato c’è l’ambizione di vedere la crescita del prodotto interno lordo raggiungere doppie cifre. Dall’altro è essenziale che il Congresso dia priorità assoluta alle necessità della stragrande maggioranza del paese che vive in un stato perpetuo di precariato. Se crescita ed equità sociale non vengono messi sulla stessa bilancia, il sogno indiano potrebbe diventare un spiacente incubo.
E la protesta di ieri a Delhi smetterà d’essere un grido politico ma diverrà un vero dramma sociale che si spargerà in tutto il subcontinente.