Mai tanti casini in un giornale solo
Arrestati ieri i fratelli Caso, editori del quotidiano inventato dai fratelli Crespi
C’è un giornale che si chiama “Il Clandestino” di cui si parla molto poco, ma ogni volta che se ne parla è per ragioni bizzarre. Ieri hanno arrestato i suoi editori, per esempio.
Il Clandestino nacque lo scorso novembre su iniziativa congiunta dei fratelli Crespi e dei fratelli Caso e chiuse lo scorso marzo.
Dei primi due è noto soprattutto Luigi, già “sondaggista di Berlusconi” molto ostentatamente devoto alla causa: ci fu una sua memorabile scena di esultanza in un fuorionda televisivo per i risultati del centrodestra nel 2001 (senza grande scandalo, Crespi si occupava di Forza Italia, e anche di far sapere agli italiani i risultati elettorali, con commesse televisive). Ogni volta che compariva pubblicamente si notava soprattutto una sua certa esuberanza sfacciata. Poi vide una luce ancor più luminosa e raccontò a più riprese dell’essere passato dall’ateismo al buddismo. Nel frattempo cadde in una disgrazia diffusa: si inimicò Berlusconi, e finì addirittura in carcere per la bancarotta della sua società. Negli ultimi anni era tornato in auge per aver collaborato molto attivamente alla “costruzione” del ministro Mara Carfagna (dopo aver pensato – sue parole in un’intervista a Vanity Fair – “se lavoro con una velina mi sputtano”).
Suo fratello Ambrogio lavora assiduamente con lui e gestisce un eclettico sito web, Clandestinoweb.
I fratelli Caso si fanno meno pubblicità. Inventarono a suo tempo un giornale sportivo – Dieci – diretto da Ivan Zazzaroni. E qualche mese fa si intesero con i fratelli Crespi per trasformare in quotidiano la testata online, contando su rapporti ed entrature dei secondi. Nel giro di poche settimane però si dimisero dalla direzione sia Pierluigi Diaco che David Parenzo, e un mese fa anche i fratelli Crespi. Il giornale ha infine chiuso il 18 marzo, dopo una breve vita di attività promozionali varie che erano riuscite a portarlo anche nella rassegna stampa della Camera, per dire del genere di meccanismi.
Infine si fa per dire. Ieri i fratelli Caso sono stati arrestati, e lo racconta stamattina il Fatto, che dei guai della compagnia aveva già scritto il mese scorso (ma ne parla anche con esibita soddisfazione un ex redattore: qui invece una descrizione del giornale). Le accuse per loro ed altri arrestati sono di “abusivismo bancario per oltre 200 milioni di euro, 9 milioni di euro di fatture false, 80 milioni di euro di fittizi aumenti di capitale sociale, bancarotta fraudolenta per Hopit Spa, Net.Tel. Spa, Editoriale Dieci Srl e Segem Spa, tentata truffa aggravata nei confronti della Regione Abruzzo per l’ottenimento illecito di fondi pubblici, falsita’, calunnia aggravata e resistenza a pubblico ufficiale per il patron del gruppo Gian Gaetano Caso, suo figlio Fabio ed altri collaboratori e professionisti”.
I Crespi si dicono scandalizzati ed esterrefatti. Per maggior colore, il Fatto riferisce che la loro società editrice si era intanto fusa con Campanile Nuovo, già editoriale di Mastella, poi passata ai Caso: ottenendo così i contributi pubblici all’editoria. Ambrogio scrive stamattina sul Clandestinoweb:
Abbiamo avuto più che una sensazione di essere stati vittime di una truffa che tra l’altro a coinvolto collaboratori e giornalisti. Oggi dalla lettura delle agenzie abbiamo preso atto di uno scenario agghiacciante, al di là di qualsiasi pessimistica immaginazione. Mi auguro che la famiglia Caso possa chiarire, spiegare, giustificare, motivare e uscire da questa vicenda in modo positivo.
Luigi aggiunge sul suo blog di essere sconcertato “per avere intuito troppo tardi con chi avevamo a che fare”: sconcerto condivisibile se consideriamo le esperienze dell’uomo. David Parenzo ha detto ad Affaritaliani di sentirsi un pirla.
Ma aveva avuto qualche avvisaglia, qualche sentore?
“Diciamo che Caso mi sembrava un personaggio dei Vanzina. Anzi, dico di più, tutto quello che è successo è roba da far sembrare la Stangata un gioco da ragazzi”Appunto, e allora come ci si può fidare…
“E allora diciamolo: io sono stato un pirla. Vogliamo metterci l’ambizione di essere direttore? Mettiamocela. Vogliamo metterci il fatto che questo signore sembrava solidissimo? Mettiamocelo. Vogliamo metterci il fatto che facciamo tante belle inchieste sugli altri e in questo caso non abbiamo controllato? Mettiamocelo. Però è anche vero che a Caso c’erano finanziarie – che quindi hanno più strumenti di Parenzo per indagare – che gli affittavano immobili di pregio. E poi ci sono cascati in tanti: Diaco, Zazzaroni… Mica sono l’unico.
Aggiornamento: Italia Oggi ha una più completa ricostruzione delle attività dei fratelli Caso, e Affaritaliani ha sentito anche Diaco