Fini si scalda in vista di giovedì: “Una fase nuova”
Convocati i finiani, il presidente della camera prepara un documento per la Direzione Nazionale di giovedì
E questo era solo l’antipasto. Gianfranco Fini ha riunito a Montecitorio gli esponenti ex An del Pdl e ha rivolto loro una relazione piuttosto esplicita, in attesa della resa dei conti prevista per giovedì, alla direzione nazionale del partito.
Ricapitolando: Fini avrebbe detto che il Pdl “è un progetto politico riuscito solo in parte”, il cui problema “non è di poltrone o di potere” ma bensì ha a che fare con la sua “scarsa attenzione alla coesione sociale del Paese”. La ragione di tutto questo? “Il rapporto con la Lega”.
Fini avrebbe inoltre messo in discussione gli attuali equilibri del Popolo delle libertà, quelli che ne hanno determinato la costituzione: “La fase del 70 a 30 è finita. Spero che Berlusconi accetti che esista un dissenso, vedremo quali saranno i patti consentiti a questa minoranza interna”. Se dalla direzione di giovedì dovesse uscire “una pattuglia minoritaria in polemica con la maggioranza significa che ci sarà un confronto aperto”. Ed ecco le parole magiche: “Una fase nuova”.
Il Foglio di oggi – dove impazzano le questioni degli ex di Alleanza Nazionale: oggi c’è anche una pagina tratta dal libro su Fini di Salvatore Merlo – racconta preparazioni e retroscena della riunione di oggi degli stessi ex e della Direzione Nazionale del PdL di giovedì.
La novità è che gli ex colonnelli adesso premono perché Gianfranco Fini vada fuori dal Pdl, si crei un suo partitino a sostegno del governo anche conservando la presidenza della Camera, e lasci a loro l’eredità di An. E’ quanto suggeriscono, a Silvio Berlusconi, Altero Matteoli, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri. Tanto è il fastidio del Cav. per l’ipotesi che l’ex leader di An costituisca dall’interno una minoranza organizzata, che questa eventualità comincia a essere quotata
Fini finora non parla con nessuno e prepara un documento per la riunione della Direzione Nazionale del PdL, giovedì, su cui ci sono grandi attese: ma finora i suoi interventi più polemici sono sempre stati di rimessa rispetto alle iniziative di Berlusconi, piuttosto che di iniziativa propria e strutturata.
Un intervento “di prospettiva” – così dicono i suoi – intorno ai rapporti con la Lega, alla necessità di non abbandonare il sud e all’opportunità di rilanciare sistemi democratici all’interno del partito.
Si tratta di una piattaforma che esclude ipotesi di rottura e mira alla costituzione di una minoranza capace anche d’incontrarsi con Gianni Alemanno e i suoi. Il sindaco di Roma è il solo ex colonnello che mantenga una posizione mediana tra i cofondatori, l’unico ancora impegnato a scongiurare lacerazioni irreversibili, il più interessato a una dialettica di tipo nuovo all’interno della costruzione berlusconiana.
Il Foglio fa i conti:
La direzione nazionale del Pdl, esclusi i gruppi parlamentari che saranno invitati giovedì alla riunione, è costituita da 172 membri. Di questi 118 sono stati nominati sotto le bandiere berlusconiane, 20 sono ascrivibili a Gasparri e La Russa, 11 ad Alemanno, 6 a Matteoli, 17 a Fini. Il presidente della Camera potrebbe rappresentare così (senza Alemanno) il 10 per cento del partito. Poco. Ma abbastanza per guidare un gruppo che nelle intenzioni di alcuni suoi consiglieri si possa muovere in modo trasversale e aggregante nel prossimo futuro.