Stato di calma apparente in Guinea Bissau
La Guinea Bissau è il principale centro di smistamento verso l'Europa del narcotraffico colombiano
Sono sempre più aggrovigliate e drammatiche le vicende politiche della Guinea Bissau, dopo le uccisioni dei suoi leader nel 2009 e il nuovo colpo di stato di ieri. Ma andiamo con ordine.
La Guinea Bissau è una piccola nazione di un milione e mezzo di persone affacciata sull’Oceano Atlantico sulla costa più orientale dell’Africa, indipendente dal Portogallo dal 1974. Per ventitré anni è stata governata da João Bernardo Vieira: deposto nel 1999, era tornato al potere dopo sei anni di colpi di stato e guerre civili nel 2005. Ma il 2 marzo del 2009, il giorno dopo l’assassinio del capo di stato maggiore dell’esercito, i miltari a lui vicino avevano a loro volta ucciso Vieira (in quei giorni si trovava nel paese lo scrittore Frederick Forsyth, che ne aveva parlato con la BBC). Dopo il ripristino di un governo militare temporaneo, le successive elezioni di giugno erano state vinte da Malam Bacai Sanhá, e sotto la preoccupata attenzione delle istituzioni internazionali – per le quali spesso la promessa di elezioni è garanzia bastante per limitare la propria ingerenza nelle tragedie africane – si era cercato di ricostruire una stabilità politica. Anche se il grande problema della Guinea Bissau è l’ampiezza dell’illegalità e della corruzione che ne hanno fatto il principale centro del traffico di cocaina proveniente dal Sudamerica e diretto verso l’Europa.
Ieri però i militari guidati dal vicecapo dell’esercito Antonio Indjai (autonominatosi nell’occasione capo dell’esercito) hanno arrestato il primo ministro Carlos Gomez jr., e minacciato di ucciderlo e di sparare sulla folla scesa in strada a protestare se questa non si fosse ritirata. Nel frattempo l’ammiraglio Bubo Na Tchuto, responsabile di un precedente colpo di stato e ritenuto protagonista della gestione del narcotraffico, abbandonava scortato la sede ONU dove si era rifugiato a dicembre per sfuggire all’arresto. Il ripetersi delle rese dei conti tra i militari e i governi eletti ha strettamente a che fare con la gestione del traffico di droga in cui l’esercito è pesantemente coinvolto e sul quale pretende mano libera. Nelle ore successive, in un clima irreale di mistero intorno a quello che stava succedendo, tutto è apparentemente tornato alla normalità, con i protagonisti dedicati a fare finta di niente. Gomez ha annunciato di non essere dimissionario e ha definito quel che era avvenuto “un incidente”. Indjai si è scusato con la popolazione per le minacce sostenendo che si era creata una situazione di pericolo e “pressioni”.
Il primo ministro Gomez è tornato ufficialmente al lavoro sabato pomeriggio, mentre resta agli arresti insieme a una quarantina di altri militari il generale Jose Zamora Induta (nella foto), deposto da Indjai. Il segretario generale dell’ONU Ban-Ki Moon aveva chiesto venerdì che venisse ripristinato l’ordine e la democrazia al più presto.