Lega contro la RU486 in Veneto e Piemonte
Monsignor Fisichella applaude la scelta della Lega: "Un atto profondamente significativo"
La Lega non ha atteso per far parlare di sé dopo il successo nelle elezioni regionali. Nel primo giorno di distribuzione della pillola abortiva, il neoeletto governatore del Piemonte Roberto Cota ha annunciato che le scatole di RU486 “potranno marcire nei magazzini”, invitando i direttori degli ospedali a bloccarne l’uso. Ancora più deciso è il presidente del Veneto Luca Zaia, che accodandosi afferma di non voler assolutamente dare l’autorizzazione alla somministrazione della pillola, già in uso da dieci anni e più in diversi stati europei (nel 1988 fu approvata in Francia), e negli Stati Uniti (2000).
Prevedibili le reazioni di Vaticano e opposizione, che rispettivamente applaudono e attaccano le dichiarazioni dei due leghisti. Le parole di apprezzamento della Chiesa sono arrivate tramite monsignor Rino Fisichella, che vede il gesto come un’importante presa di posizione della regione, in linea con i valori cattolici e le affermazioni contro l’aborto del presidente della CEI Angelo Bagnasco nei giorni elettorali. Dal PD è invece Pierluigi Bersani a far notare ai due governatori che “Piemonte e Veneto sono ancora in Italia e in Europa. A pochi giorni dalle elezioni sono già in discussione principi elementari e basilari.“.
Più complessa è la situazione all’interno della maggioranza. Ad appoggiare le parole dei due governatori leghisti ci sono Giuseppe Scopelliti, neopresidente della Calabria, e soprattutto Maurizio Gasparri, che ha lasciato intendere che punterà alla rinomina del direttore generale dell’Aifa, l’agenzia che ha il compito di decidere quali farmaci distribuire o meno in Italia. Direzione attualmente affidata a Guido Rasi, uomo vicino ad Alleanza Nazionale nominato dallo stesso governo Berlusconi, come fa notare la responsabile di medicina e sanità per l’Espresso Daniela Minerva. In contrasto con le parole di Gasparri e quelle di quasi tutta la Lega, ci sono però diverse voci della maggioranza che si allontanano dalle prese di posizione di Cota e Zaia. A guidare il dissenso è il ministro della salute Fazio, che ricorda ai suoi alleati della Lega l’esistenza della legge 194, e invita i governatori ad attenersi alle indicazioni del Consiglio superiore di sanità. A non avere dubbi sull’obbligo legale alla somministrazione sono poi tre donne del Pdl, Stefania Prestigiacomo, Alessandra Mussolini e Renata Polverini, insieme al sindaco di Verona Flavio Tosi, l’unico esponente leghista che si è detto contrario alle parole di Zaia.
Ricapitolando, esiste la legge 194 sull’interruzione di gravidanza, esiste l’approvazione del farmaco da parte dell’Aifa, e le regioni hanno autonomia decisionale su modalità e tempistiche di un farmaco ma non sulla sua somministrazione o meno: è praticamente impossibile che le parole della Lega abbiano una conseguenza pratica. I motivi di queste affermazioni possono quindi essere due: o un eccesso di entusiasmo sull’onda della vittoria elettorale, come ipotizzato dal ministro Prestigiacomo, o, teoria decisamente più credibile, il tentativo apparentemente riuscito di avvicinare il Vaticano alla Lega sui problemi etici. “È come se Bossi applicasse la tecnica del partito pigliatutto anche nei rapporti con il Vaticano”, commenta Massimo Franco sul Corriere. “I veti sulla pillola abortiva lanciati ieri […] sorprendono solo in parte; e altrettanto prevedibile era la «benedizione» di monsignor Rino Fisichella. Si tratta di un asse impostato e rinsaldato da mesi, più o meno sotto traccia. Umberto Bossi e il suo partito l’hanno coltivato cancellando i ricordi di un paganesimo leghista che associava i papi e i vescovi a «Roma ladrona» e preferiva i riti celtici a quelli cristiani.”